Tempi duri per i gestori degli stabilimenti balneari riminesi, che a poche settimane dall’inizio della stagione sono impegnati a smantellare parte delle loro strutture. C’è chi ha rimosso qualche gazebo, una rete da calcio o un campo da bocce per non trovarsi costretto a pagare cifre da capogiro, una volta approvata la nuova “sanatoria” comunale. Ma anche chi si sta muovendo in previsione dell’applicazione della direttiva Bolkestein, prevista per il 2015. Anno in cui le concessioni demaniali saranno riassegnate con una gara d’evidenza pubblica, così come chiede l’Europa.

Insomma tra i bagni di Rimini regna la preoccupazione e per ora tanti preferiscono giocare d’anticipo. “Ci sentiamo demoralizzati e un po’ avviliti”,  ammette con una punta d’amarezza Romeo Nardi, del Consorzio dei bagnini Marina riminese. Il suo bagno, il numero 18, esiste da più di 60 anni ed è uno degli stabilimenti storici di Rimini. “Prima di me lo gestiva mio padre, e domani spero possa prenderlo in mano mia figlia”. Ma il futuro sembra tutt’altro che deciso. Da una parte, a rendere fumose le prospettive dei gestori degli stabilimenti, c’è la direttiva europea 123, detta anche “Bolkestein”, che nel 2015 rimetterà in gioco le concessioni aprendo nuove aste. Dall’altra c’è invece l’imminente entrata in vigore del regolamento comunale, con il quale entro breve l’amministrazione riminese fisserà le tariffe da pagare per ogni attrezzatura non in regola, dai campi da basket alle palme.

Un provvedimento obbligato. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, infatti, prevede che ogni intervento realizzato nella fascia protetta di arenile debba possedere l’autorizzazione paesaggistica. Tuttavia dalla sua approvazione, risalente al 2004, poco è stato fatto per punire gli abusi e così, quest’anno, l’amministrazione di palazzo Garampi ha deciso di correre ai ripari, predisponendo un regolamento che definisca la casistica generale. E con lei la cifra da pagare per mettersi in regola.

Una sorta di sanatoria che dovrebbe vedere la luce entro la fine di aprile, e su cui da settimane si sta consumando un braccio di ferro tra bagnini e amministrazione. Secondo le prime stime ogni stabilimento dovrebbe pagare da un minimo di 40 mila euro a un massimo di oltre 120 mila euro. “Se le tariffe saranno quelle circolate nei primi giorni, ci troveremo di fronte a cifre insostenibili – sottolinea ancora Nardi – Spero si raggiunga presto un accordo condiviso”. Il regolamento deve ancora passare all’esame della commissione comunale, e poi al vaglio del consiglio che dovrà dare il via libera. Nel frattempo però i bagnini stanno smantellando un po’ qua e un po’ là lungo la spiaggia, nella speranza di ridurre l’eventuale futura ammenda. “Tra togliere e pagare scelgo togliere – continua Nardi – Tutti qui a Rimini stanno rimuovendo qualcosa. Chi il campo da bocce, chi le reti da gioco, chi i gazebo, chi le vasche”. Il timore dei bagnini è quello di trovarsi costretti, una volta approvato il regolamento, a sborsare somme vertiginose. “Si elimina quello che si può eliminare. Certo, sono tutti servizi che i clienti hanno sempre apprezzato. Ora che mancano chissà se sceglieranno ancora le spiagge di Rimini”.

La discussione sul testo comunale è ancora in corso, e per ora l’amministrazione si limita a escludere la possibilità di grossi sconti. “Ho in mente alcune proposte migliorative che porterò davanti alla commissione – spiega l’assessore al Demanio marittimo Roberto Biagini – Le tariffe saranno ritoccate, ma non si tratterà di una riduzione eclatante”.

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