Esattamente due anni fa: 16 marzo 2010. In piena bagarre elettorale per le regionali un avvocato e un consigliere comunale del Pdl si sentono al telefono: parlano di politica. Meglio: di appoggi da dare e di voti da veicolare. Obiettivo: una poltrona d’assessore accanto al governatore Roberto Formigoni.

Nulla di strano, se non fosse per un particolare: la telefonata è annotata nell’informativa della squadra Mobile di Reggio Calabria messa agli atti dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta lombarda e sugli affari di Giuseppe Lampada, ritenuto il riciclatore della potente cosca Condello. Il 30 novembre 2011, Lampada finirà in carcere assieme ad altre nove persone. Tra loro il consigliere della Regione Calabria Franco Morelli e l’avvocato Vincenzo Minasi.

Accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, il legale, originario di Palmi, il 16 marzo 2010 è al telefono con il consigliere comunale del Pdl di Avellino Orazio Sorece, nonché coordinatore per la Campania di Noi riformatori movimento politico fondato da Francesco Colucci, storico questore della Camera. Al centro della telefonata c’è la candidatura del figlio Alessandro Colucci “capolista del Pdl – annotano gli investigatori – e amico dell’Onorevole Francesco Morelli”.

Orazio Sorace arriva subito al dunque: “Ti volevo chiedere una gentilezza: su Milano io ci ho il figlio dell’Onorevole Colucci (…) che è candidato, io collaboro con il papà alla Camera, lui è Questore della Camera”. E ancora: “Possiamo dargli una mano?” perché “lui è molto vicino a Formigoni” e “stiamo cercando tutti di farlo uscire con un bel numero per poter fare l’assessore alla Regione”. Per Minasi non ci sono problemi: “Certo – dice- che gli posso dare una mano ci mancherebbe pure! Fammi avere un po’ di materiale elettorale”. A questo punto Sorace spiega che “lui (Colucci, ndr) praticamente è capolista del Pdl già uscente” e che nelle precedenti elezioni ha incassato “quattordicimila voti”.

Sorace si riferisce alle regionali del 2005. All’epoca Colucci entra in consiglio regionale per la prima volta. Pochi giorni dopo il voto, la squadra Mobile di Milano intercetta una telefonata tra due uomini legati al boss della ‘ndrangheta Salvatore Morabito. Sono il trafficante di droga Francesco Zappalà e l’imprenditore Antonio Marchi, il quale ha sostenuto un candidato diverso dal figlio del questore. A quel punto Zappalà lo rassicura: “Comunque Colucci ha vinto e quindi abbiamo un amico in Regione…” . E’ l’aprile 2005. Poche settimane prima si tiene una cena in un noto locale milanese alla quale oltre a Colucci partecipano anche gli uomini della cosca Morabito. “Lo scopo esplicito della cena – annota il pm Laura Barbaini – è quello di raccogliere consensi per l’elezione di un candidato alla Regione Lombardia, tale Alessandro Colucci, che si piazzerà al secondo posto della propria lista di riferimento e verrà quindi eletto”. Colucci non risulterà indagato, né in quell’inchiesta né in quella che ha portato in carcere Vincenzo Minasi.

Nella primavera 2010 l’operazione di sostegno è in piena attività. Tanto che lo stesso Sorace conclude la telefonata invitando “l’avvocato della ‘ndrangheta” a una cena politica alla quale parteciperanno “circa cinquanta persone, tra le quali noti chirurghi e soggetti fra i più noti e influenti di Milano”. Due giorni dopo, Minasi è al telefono con la segretaria di Francesco Colucci per concordare un appuntamento e pianificare la strategia della campagna elettorale che si concluderà con la riconferma di Alessandro Colucci e la sua nomina ad assessore in Regione Lombardia.

IL DISOBBEDIENTE

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