Palazzo Fienga, roccaforte del clan Gionta, a Torre Annunziata. E’ il luogo che incarna fisicamente il potere della cosca che domina questa città in provincia di Napoli. E’ il palazzo della camorra. E’ da poco trascorso mezzogiorno del 24 maggio 2007. Otto telecamere di un sistema di videosorveglianza interno riprendono le fasi di preparazione di un omicidio che sarà compiuto di lì a poco. Nell’hard disk da 160 Gb collegato a un impianto e a uno stabilizzatore di corrente, vengono registrate in un file .img le immagini della consegna ai killer dell’arma, dei caschi e dello scooter utilizzati per l’agguato. A poca distanza dai suoi killer si trova la vittima designata, Ettore Merlino, affiliato al clan Ascione-Papale di Torre del Greco, che viene attirato in trappola con una scusa, forse la consegna di una partita di droga in regalo, e accolto con saluti e strette di mano, come fosse un amico, ed anche queste immagini sono incise nel video.

I Gionta lo hanno chiamato per stanarlo, perché così potranno seguirlo e ammazzarlo senza difficoltà, in pieno giorno, alle 13.30 circa, a poca distanza dal Tribunale, lungo via Nazionale a Torre del Greco. Quell’omicidio è un favore del clan di Torre Annunziata ai Birra-Iacomino di Ercolano, la cosca degli Ascione-Papale. Merlino viene inseguito e ucciso con due proiettili calibro 9 nella regione scapolare destra. Le telecamere interne di Palazzo Fienga riprendono anche il ritorno del commando e le manifestazioni di giubilo del clan per l’omicidio appena compiuto. Scene che secondo il Gip di Napoli, Antonella Terzi, firmatario dell’ordinanza di custodia cautelare a carico degli 11 presunti responsabili dell’omicidio (già in carcere per altri reati), meritano un solo aggettivo: “Raccapriccianti”.

Gli autori dell’assassinio di Merlino sarebbero probabilmente rimasti ignoti per sempre se i Gionta – scrive il Gip – “non avessero offerto su un piatto d’argento la prova documentale della loro colpevolezza”. In quell’hard disk. Nascosto dietro a un muro eretto nella roccaforte camorristica. La cui stuccatura di colore diverso insospettisce i carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata, agli ordini del capitano Alessandro Amadei, che il 19 novembre 2009 stanno compiendo una perquisizione. Un militare decide di martellare e bucare il muro. E scopre il sistema di videosorveglianza, connesso a una rete di cavi video ramificata e ben nascosta all’interno delle pareti del fabbricato. Con una operazione di riversaggio dei file, e conversione, le immagini diventano visibili anche sui comuni personal computer. E sono ora memorizzate in un dvd agli atti dell’inchiesta della Dda di Napoli.

Articolo Precedente

Cronista si occupa di mafia in Calabria, la sua macchina viene fatta saltare in aria

next
Articolo Successivo

Finti punteggi in cambio di denaro: a Napoli la truffa delle graduatorie degli insegnanti

next