Come un grido, in occasione del ventennale di Fanny&Alexander, e per la prima volta in Italia, s’inaugura Who’s Dorothy?, il loro Progetto OZ il 5 Aprile al Teatro Comunale di Bologna.

Dai tre punti cardinali del suo percorso sospeso tra realtà e finzione Dorothy invoca il grande Mago, rivolgendogli tre richieste importanti che riguardano le virtù e i vizi umani rappresentati nella storia dai tre fidi amici della bambina del Kansas (boscaiolo, spaventapasseri e leone): cuore cervello e coraggio.

E così tre attrici saliranno sul palco del Teatro Comunale a rivolgere a Oz la triplice richiesta che inaugura e battezza il famoso sentiero di mattoni gialli. Sullo sfondo, la presenza reale e incombente del Mago, impersonato sulla scena dall’attore Marco Cavalcoli che dà qui voce teatrale alla sua figura. Le immaginarie risposte di un metaforico Oz sono le parole di tre ‘pensatori’ – Marco Belpoliti, Stefano Bartezzaghi, Adriano Zamperini – che si misureranno sulle grandi domande con cui Dorothy inaugura, nel progetto, il suo cammino: fammi perdere il controllo, fa che non senta più il cuore, dammi il coraggio di dire di no. E Bartezzaghi sullo spettacolo di Bologna, a domanda risponde.

Com’è nata la collaborazione con Fanny&Alexander, con il regista e la drammaturga Lagani?

E’ cominciata una decina d’anni fa, quando il gruppo lavorava sul romanzo di Vladimir Nabokov Ada, o Ardore. E’ un romanzo pieno di giochi, enigmi, trucchi linguistici: hanno ritenuto, bontà loro, che io potessi aiutarli. Ne sono usciti innanzitutto dei rebus, poi realizzati perlopiù in video, che svolgono suggestioni provenienti dal testo; quindi molti altri discorsi e giochi che rendono da allora sempre festoso e proficuo ogni incontro con loro. Chiara Lagani è, anche per questo, raffigurata sulla copertina di un mio saggio intitolato Scrittori giocatori, edito da Einaudi.

Che rapporto hai con il teatro sperimentale?

La mia giornata attiva comincia sempre più presto e, mi rendo conto che è una confessione poco alata, questo mi rende uno spettatore molto meno assiduo di quanto desideri. Penso che a teatro, in Italia, oggi succedano cose molto importanti, molto più di quelle che capitano per esempio al cinema.

Il Mago di Oz, potrebbe essere una sorta di metafora contemporanea?

Io sarei per una moratoria del termine “metafora”: scegliere una narrazione del passato e metterla in scena oggi, per quanto in modo personale e travisato, vuole certamente avere un significato di rappresentazione. Detto questo, però, non cercherei di sciogliere un’allegoria, come si fa con gli enigmi, ma per attenermi a quanto si vede e si sente nel lavoro teatrale. La lettera è sempre così più interessante dello spirito, e il dito della Luna….

Cuore, cervello e coraggio: li consideri valori attuali?

Umani, direi: forse è attuale la domanda, il timore di averli smarriti, la sensazione di essere incapaci a definirli.

Come ti trovi nella veste di “Pensatore”?

Malissimo.

Chi è Dorothy, oggi?

Nessuno, se non chiunque pensi di essere lei. E nella fattispecie Alice, Lolita, Zazie, Ada…

Non credi che “dammi il coraggio di dire di no” : sia ancora oggi la grande domanda rimasta insoluta?

Non è una domanda, è una preghiera, cioè una richiesta. Dire di no, in realtà, è molto facile. A volte mi pare che molti siano più che altro incapaci di dire di sì: come i bambini capricciosi. Ma la domanda non è quella di diventare capricciosi, bensì quella di opporsi alle correnti che ci attraversano e ci porterebbero in una comoda deriva. E’ il no del genitore, quello che non sappiamo dire; il no capriccioso del figlio lo sappiamo dire benissimo.

Articolo Precedente

Il libro di Villani sul bandito Lutring: “Eroe della resistenza al capitalismo bancario”

next
Articolo Successivo

Cinema e politica, De Maria torna a Bologna: “In Italia ancora tabù un film sul terrorismo”

next