Crollano i redditi degli italiani, -4% tra il 2008-09, così come il Pil, che nello stesso periodo è sceso del 6%; questi sono i dati più rilevanti presentati dal vice direttore di Bankitalia Anna Maria Tarantola, che fotografa le ricadute della crisi economica sul nostro paese.

Sul prossimo futuro, il presidente della Bce Mario Draghi esprime incertezza: “L’economia soffre ancora rischi al ribasso. Ci sono segnali di stabilizzazione ma l’inflazione europea resterà probabilmente sopra il 2% nel 2012. La Bce prevede una ripresa moderata per il 2012 ma le previsioni, restano soggette a rischi al ribasso. In particolare peseranno un rinnovato intensificarsi delle tensioni sul debito dei Paesi dell’area euro e il loro potenziale contagio dell’economia reale. Rischi al ribasso sono anche legati al prevedibile incremento dei prezzi delle commodities”. La soluzione, per il presidente della Bce verrà dal consolidamento fiscale e da forti riforme strutturali per sostenere la fiducia, la crescita sostenibile e l’occupazione. Tutto ciò attraverso politiche fiscali prudenti, competitività e mercato del lavoro flessibile.

Tornando ai numeri di Palazzo Koch, il vice direttore generale Anna Maria Tarantola spiega: “Durante la fase acuta della recessione, nel 2008-09, l’abbattimento dei redditi familiari ha raggiunto in Italia il 4%, a fronte di una riduzione del PIL del 6%”. Il problema secondo Tarantola è che: “Nella maggior parte degli altri paesi avanzati, invece, il reddito disponibile lordo reale delle famiglie è invece cresciuto, nonostante la contrazione del prodotto”.

Le famiglie quindi le più colpite, secondo Bankitalia la loro ricchezza netta nel 2010 era pari a 8 volte il reddito, un rapporto in linea con quelli della Francia e del Regno Unito, ma significativamente superiore a quelli della Germania e degli Stati Uniti. Il problema è che queste hanno rappresentato un’importante funzione di ammortizzatore sociale grazie al loro alto tasso di risparmio, minato dal crollo dei redditi.

Nella tarda primavera del 2009, nel momento di massimo impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano, circa 480 mila famiglie hanno sostenuto almeno un figlio convivente che aveva perso il lavoro nei dodici mesi precedenti. Le risorse impiegate in questa forma di sostegno familiare, ha precisato Tarantola, sono venute non solo dai redditi da lavoro dei genitori, ma spesso anche da quelli da pensione.

Le famiglie, spiega ancora il vice direttore, “hanno mantenuto i propri standard di vita riducendo la loro propensione a risparmiare e grazie al sostegno di una ricchezza reale e finanziaria ancora elevata. Non è tuttavia una situazione sostenibile”.

I giovani pagano più di tutti. La crisi, infatti ha ampliato il divario tra la condizione economica e finanziaria dei giovani e quella del resto della popolazione: tra il 2008 e il 2010 la quota di famiglie povere in base al reddito e alla ricchezza è cresciuta di circa 1 punto percentuale per il campione nel suo complesso e di circa 5 punti per le famiglie dei giovani.

Oltre ad illustrare il problema, dalla Banca d’Italia suggeriscono alcune soluzioni: “la vulnerabilità finanziaria si riduce solo rafforzando il ritmo di crescita della nostra economia, riavviando lo sviluppo con misure strutturali. E’ questo il compito cui è innanzitutto chiamata la politica economica nel nostro paese, rimuovendo ingiustificati vincoli e restrizioni alla concorrenza e all’attività economica, definendo un più favorevole contesto istituzionale per l’attività delle imprese e dei lavoratori, promuovendo l’accumulazione di capitale fisico e di capitale umano”.

Il Governo comunque si sta muovendo nella giusta direzione, secondo il vicedirettore generale di palazzo Koch, “la via intrapresa dal Governo con il decreto legge in materia sviluppo, con quello sulle semplificazioni, in via di approvazione, e con il disegno di legge sui temi del lavoro hanno esattamente questo obiettivo”.

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