Non sai quando parti. Non sai quando (e se) arrivi. Sai soltanto che viaggerai malissimo, stritolato come una sardina, mentre accumuli ritardi, causati dalla continua soppressione di decine di corse senza preavviso. E’ la Circumvesuviana, bellezza. La ferrovia che collega un’area metropolitana di due milioni di abitanti a Napoli e provincia è vicina al default. E sono a rischio servizi di trasporto essenziali per un esercito di decine di migliaia di lavoratori pendolari e di studenti.

La causa è nei 500 milioni di euro di debiti più 200 di investimenti accumulati dall’holding Eav, la società pubblica che controlla il trasporto pubblico della Campania. Gli uomini scelti dal Governatore Stefano Caldoro per risanare il disastro – l’ad dell’Eav Nello Polese, già sindaco di Napoli durante Tangentopoli, e l’assessore ai Trasporti Sergio Vetrella – navigano a vista e non brillano per capacità di risoluzione dei problemi. Vetrella ripete come un juke box rotto che la colpa è del buco ereditato dalla giunta Bassolino.

Ma sono ormai trascorsi due anni dalle elezioni regionali. Nel frattempo gli interessi dovuti alle banche che coprono il mostruoso debito stanno divorando le già scarse risorse regionali. E non ci sono più i soldi per l’ordinaria manutenzione dei convogli, che restano fermi in deposito in attesa che qualcuno paghi i pezzi di ricambio. I pochi treni non ancora rotti, circa 40, non sono sufficienti a coprire le tratte. Ne servirebbero almeno 70 (90 a pieno regime).

Una giornata ‘normale’, lunedì 2 aprile. Il tragitto dalla penisola sorrentina verso Napoli e ritorno, affrontato dal cronista con malcelata rassegnazione. E senza pagare il biglietto di 4 euro. Sì, perché sono tante le stazioni prive di tornelli e la possibilità di essere controllati durante il viaggio o all’uscita (fatta eccezione per quella di Napoli centro, dove invece non si passa senza biglietto obliterato) sono vicine allo zero. E’ uno dei tanti paradossi della Circumvesuviana. Che non ha soldi e fa poco per recuperarli: biglietterie chiuse, ticket introvabili nei bar e nelle tabaccherie convenzionate.

Mattina, ore 10.30 circa. Non fai in tempo a entrare, che il vagone viene occupato militarmente dai suonatori ambulanti. Orchestrina di chiare origini rom, composta da clavicembalo, fisarmonica e un terzo strumento dal nome impronunciabile. In tre fermate gli allibiti viaggiatori vengono subissati da un campionario di mazurke suonate a volume altissimo. Uno dei tre orchestrali gira col cappello per la questua. Il caldo è asfissiante. La pazienza vicina allo zero. Viaggiamo in piedi per oltre un’ora, nonostante siamo saliti in una delle primissime stazioni. Un cambio a piazza Garibaldi, un altro treno Circum e si arriva al Centro Direzionale, la ‘city’ di Napoli, dove hanno sede tra l’altro il Palazzo di Giustizia e il consiglio regionale della Campania.

Il dramma è al ritorno. Spiega un utente habituè: “I disservizi più clamorosi si concentrano la mattina presto, prima delle 8, a mezzogiorno e nella fascia oraria tra le 15 e le 17”. E noi piombiamo a piedi uniti in quest’ultima finestra temporale. Due treni soppressi tra le 15 e le 16 fanno sì che il convoglio in partenza dal terminale di Napoli in direzione Sorrento alle ore 16.09 si riempia all’inverosimile. Ben oltre la capienza massima consentita. Se ne accorgono i macchinisti, che alle 16.30 circa, per evidenti ragioni di sicurezza, fermano il treno a Barra e decidono di far scendere tutti, in attesa di un ‘rinforzo’, ovvero di un vagone supplementare.

Scorrono i minuti, a decine. La manovra di ‘aggancio’ fallisce, le porte del vagone in più non si aprono. “Dove è il macchinista?” urla una signora in divisa Circum. Il macchinista non c’è. O meglio, si è assentato un attimo, lasciando centinaia di viaggiatori in piedi a rosolare sotto il sole. Urla. Proteste. Nervi a fior di pelle. Poi, come per incanto, le porte si aprono. E così finalmente si riparte per Sorrento. Ci vorranno due ore per un tragitto che secondo le tabelle dovrebbe ultimarsi in un’ora e dieci. “E siamo stati fortunati” commenta una signora. Il compianto Lucio Dalla cantava che la vera impresa “è essere normali”. La Circumvesuviana di Napoli la normalità l’ha ormai smarrita da tempo.

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