Il curriculum di Francesco Belsito è costellato di ombre, dalle finte lauree agli incarichi d’oro in aziende pubbliche, fino agli investimenti esotici con la cassa della Lega che gli hanno portato addosso le indagini delle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria. Il tesoriere della Lega Nord ha messo piede nella politica quasi per caso, partendo come autista tuttofare e trascorsi come buttafuori nelle discoteche della Riviera. Genovese, 41 anni, ex titolare di un’impresa di pulizie a un certo punto mette la poltica locale nel suo puntatore. Inizialmente in azzurro poi in verde. Militante di Forza Italia diventa portaborse dell’ex ministro della Giustizia del governo Berlusconi Alfredo Biondi. Nel 2002 sposa la causa della Lega che pur non essendo epicentro del mondo, offre grandi occasioni a chi vuol intraprendere una carriera fulminante con grandi spazi di manovra.

Con abilità archivia i lavori incerti. Si costruisce per strada i titoli necessari a ben altra carriera, lavorando alacremente per ricavarsi uno spazio fuori dal satellite ligure e dentro la capitale del mondo padano, il cuore del partito. A Genova è già uno che conta anche grazie a cariche non strettamente politiche ma sempre in ambito pubblico e su poltrone di sicuro potere. Prima diventa consigliere d’amministrazione della Filse (Finanziaria ligure per lo sviluppo economico), che opera in seno alla Regione Liguria, poi addirittura vicepresidente di Fincantieri. Di lui si inizia a parlare, il suo passato finisce sotto la lente dei giornali locali soprattutto per via delle lauree, ben due, risultate poi tarocche. La prima in Scienze politiche a Londra e l’altra in comunicazione a Malta, entrambe sono state però giudicate nulle. Perfino sull’autenticità del diploma di perito conseguito in un istituto napoletano (il Pianma-Fejevi di Frattamaggiore, poi fallito) ci sono forti dubbi. Nessuno fa un plissé dentro la Lega. Anche quando le cronache si riempiono di comportamenti disinvolti di Belsito, come la sua abitudine di parcheggiare la sua Porsche Cayenne nera nei posti riservati alla Questura di Genova, suscitando qualche malumore nei poliziotti locali.

Il suo nome poi ricompare nelle pagine della politica nazionale quando esplode il caso Ruby. A seguito di una perquisizione dell’abitazione di Karima el Mahroug di un biglietto con la dicitura “Francesco B., presidenza del Consiglio dei ministri”. Ma ormai Belsito è un intoccabile. Ha conquistato la fiducia della famiglia Bossi e del cosiddetto “cerchio magico” che circonda il leader. Grazie a questo sodalizio di ferro riesce finalemente a smarcarsi dall’imbuto del Tigullo e a collezionare incarichi chiave dentro il partito nazionale, prima come vice segretario della Lega Nord Liguria e dal 2009 come tesoriere. Ed è a questo incarico che fanno riferimento le indagini sulle misteriose operazioni finanziarie fatte coi soldi del partito che portano lontano. In particolare il 10 gennaio scorso Belsito, proprio in qualità di tesoriere, avrebbe stanziato oltre 7 milioni di rimborsi elettorali in investimenti in paesi stranieri come Tanzania, Cipro e Norvegia. Emergono poi altri movimenti “particolari” (che fanno lamentare a Belsito la violazione del segreto bancario) nell’ultimo semestre del 2011 sui conti correnti liguri della Lega. Da lì sono stati staccati assegni per un valore complessivo di 450mila euro. Poi risultano trasferiti dai conti liguri circa 700mila euro ad altri conti correnti della Lega Nord, su cui avrebbe la firma sempre Belsito come amministratore del partito. Questi movimenti “sospetti” hanno da sempre fatto storcere il naso a diversi esponenti del Carroccio, a partire dal consigliere comunale leghista di Milano ed eurodeputato Matteo Salvini.

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