“Fare la riforma sul lavoro insieme è meglio che farla separati. Il tema è cosa si fa se la Cgil dice di no, la nostra preoccupazione è sempre la stessa, cioè che l’agenda la detti un sindacato e non il governo che ha come bussola il bene dell’Italia e degli italiani”. Angelino Alfano commenta così le dichiarazioni di Pier Luigi Bersani che dalle pagine di Repubblica aveva lanciato un appello ai partiti per fare “insieme” la riforma sul lavoro. E che oggi ha ribadito di “credere a un’intesa” e di “ragionare con la propria testa”. Ovvero di non dipendere dai sindacati.

Il segretario del Pdl mette però le mani avanti sulle proposte che la Camusso vorrà avanzare e accetta l’invito del centrosinistra solo ad alcune condizioni. “Se si troverà un punto di equilibrio sul bene dell’Italia noi saremo d’accordo – ha proseguito al suo arrivo a Palermo per partecipare a un convegno sul Mediterraneo- per essere ancora più concreti”. Ma specifica che l’intento del centrodestra non è quello di “scontentare la Cgil” ma “di non scontentare gli italiani con le loro esigenze e i loro interessi. Siamo per una riforma del mercato del lavoro che crei più sviluppo e più occupazione e che dia fiducia sia ai mercati interni che ai mercati internazionali”. L’eventuale accordo tra Pd e Pdl sulla riforma del lavoro potrebbe essere il preludio al compromesso tra i due partiti sui nodi ancora irrisolti della Rai e della responsabilità civile dei magistrati. Nodi che saranno affrontati dopo l’estate.

Intanto dal Quirinale prosegue il pressing per l’approdo in aula del disegno di legge  che, come ha anticipato Giorgio Napolitano “sarà presentato da qui a qualche giorno”. Durante la sua visita di Stato in Giordania, il presidente della Repubblica ha anticipato: “Domani sera vedrò lo stato dell’arte, perché il presidente del Consiglio doveva esaminare il progetto preparato dal ministro Fornero e da altri membri del governo e vedrà se è pronto per sottoporlo alla mia firma, che – ha puntualizzato –  è solo di autorizzazione alla presentazione”. Napolitano ha richiamato anche il problema “molto serio” della stagnazione e della mancanza di crescita, come dimostrano anche i dati dell’Istat sulla disoccupazione giovanile, che comportano “rischi per l’occupazione, per le crisi aziendali di imprese più piccole e grossi insediamenti”.

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