Meglio gli aumenti che la fine della Grecia. La mette giù chiara la questione il presidente del Consiglio parlando dalla Cina, dove si sta concludendo il suo viaggio. Il premier definisce i recenti aumenti fiscali e tariffari “rozzi”, ma precisa: “Devo sempre far presente agli italiani che meno visibile ai loro occhi ma molto più grave per il destino delle loro famiglie sarebbe stato finire come la Grecia”.

Monti ha sottolineato che l’evasione è una “illegalità” e che dunque per la sua repressione non è necessario “il consenso” visto che tutti sono d’accordo sulla necessità di combatterla anche se qualche osservatore non ha “gradito”. Il professore ha sottolineato che parte degli aumenti fiscali e tariffari derivano da “decisioni prese nel passato da precedenti governi”. Sull’altra parte, però, “sono pronto ad assumermi le mie responsabilità perché sono state introdotte da questo governo”. Il presidente del Consiglio ha spiegato la necessità di tali interventi: “Mi rendo conto che sarà un periodo che porterà a vedere maggiormente questo inconveniente, ma io devo sempre far presente agli italiani che meno visibile ai loro occhi ma molto, molto più grave per il destino delle loro famiglie sarebbe stato finire come la Grecia. Certo dobbiamo trovare strumenti più sofisticati e capaci di agire senza interventi a volte un po’ rozzi”. “Invito anche a tenere presente – ha concluso – che è stato fatto uno sforzo di equilibrio del carico fiscale per far contribuire maggiormente quelli che avevano contribuito meno in passato”.

“La lettera per far pace? Non me l’ha consigliato il Colle”. Monti chiude anche le polemiche con i partiti che si erano aperte con le sue parole riguardo al consenso sul quale può contare il governo, al contrario dei partiti. Monti aveva “calmato le acque”, per usare le sue parole, con una lettera pubblicata ieri dal Corriere della Sera. “Sono molto lieto – ha dichiarato dalla Cina – che una lettera che ho scritto l’altra notte a un quotidiano italiano abbia calmato le acque”. Ma se la prende con i giornali colpevoli di aver pubblicato ricostruzioni che meriterebbero “tante precisazioni”.

“Mi chiedo se tanti disagi nella comprensione dell’Italia da parte degli altri Paesi non nascano dalla impossibilità stessa di conoscere, sia pure vagamente, la realtà” spiega il premier durante una conferenza stampa nell’Istituto di Cultura italiana a Pechino. I retroscena riferivano di una sua presunta “marcia indietro” dovuta a una “pressione” del Quirinale e dell’intenzione di convocare un vertice per il via libera in Parlamento dell’articolo 18. Il presidente del Consiglio cita estratti dalla rassegna stampa per dire che “occorrerebbe fare tante precisazioni su fatti che leggo e semplicemente non esistono”. “Benché parli spesso con lui, non avevo parlato quel giorno con il presidente della Repubblica e non si è neanche sfiorato qualche cosa che riguardasse questo tema – ha replicato Monti – Ricevo preziosi consigli dal presidente Napolitano, e non credo di essere il solo, ma non ho nessun appuntamento specifico”. “Sono dispiaciuto – ha proseguito il presidente del Consiglio – che si sia parlato, ma non che si sia parlato di una marcia indietro, non perché non se ne possano fare, ma perché in questo caso non c’è stata neanche una parvenza di una marcia indietro. Una marcia indietro ci sarebbe stata se io avessi fatto dichiarazioni, com’è stato interpretato in Italia, in qualche modo lesive del rispetto e della gratitudine verso i partiti politici in generale e in particolare verso quelli che sostengono questo governo. Tecnicamente una marcia indietro è impossibile: le frasi sono correttamente riportate ma l’averle prese del tutto fuori dal contesto può aver creato l’impressione di critiche o peggio commenti non riguardosi verso i partiti”.

Quanto al vertice di maggioranza fissato per la prossima settimana Monti chiarisce di non aver “neppure parlato con gli onorevoli Alfano, Bersani e Casini in questi giorni. Può darsi benissimo che poi proponga loro un incontro”.

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