Vi racconto una storia. C’era e c’è ancora in Irpinia una piccola azienda di maglieria (abbastanza all’avanguardia) gestita da una famiglia che al tempo emigrò a Carpi e poi ne fece ritorno, per scelta: i Capossela (stesso cognome del cantautore di origini irpine, ma nessuna parentela). Con tenacia ed intelligenza, attraversando periodi di crisi e avversità economiche, portano avanti l’impresa con immensa onestà e fierezza. E fin qui sembra una ordinaria vicenda di tenacia meridionale di emigranti di ritorno. L’attuale titolare, Gaetano, figlio del capostipite, ha però da sempre il pallino dell’ingegneria meccanica. Fondamentalmente, è un buddhista inconsapevole, che tratta la vita e le avversità come opportunità e passaggi. Così, per un patto di lealtà con la sua intelligenza e la sua passione, un giorno di venti anni fa costruì il prototipo di un motore a scoppio, rivoluzionario. Un motore a pistoni contrapposti, eliminando la testata e riducendo a due i quattro tempi dei motori standard delle auto. Vent’anni, centinaia di test (montato su kart e banchi di prova per portarlo fino al punto di crisi) e migliaia di modifiche dopo, il motore (brevettato e registrato per l’Europa, al momento) è diventato pressochè perfetto e martedì 2 aprile verrà ufficialmente acceso davanti a funzionari del Cnr di Napoli, di Città della Scienza, di Federmeccanica e dell’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Campania.

Gaetano spiega: Quando noi applaudiamo spingiamo una mano contro l’altra, non ne teniamo mica ferma una per batterci contro l’altra. Il pistone e la testata sono come tenere una mano ferma, come avere una emiparesi. Io ho fatto battere tutte e due le mani.” Semplice e rivoluzionario al contempo.

Conosco Gaetano da più di trent’anni, la sua famiglia e la mia si frequentavano perché mia madre aveva il pallino della maglieria e loro avevano il know how ed i macchinari. È stata la famiglia di Gaetano che mi ha insegnato a lavorare con le macchine da maglieria più semplici (per me è una forma di meditazione) ed il loro magazzino filati era una fonte di ispirazione e creatività. Seguo dall’inizio le vicissitudini del motore (se ne interessò anche una puntata di Leonardo su RaiTre nel 2009) e rimango perennemente ammirata dalla pazienza e dalla grinta di Gaetano (e dei due suoi figli Davide e Mimmo che lo accompagnano in questa avventura) nel portare avanti un’idea eccellente. So quante scale (in tutta Italia) ha dovuto salire invano Gaetano per far conoscere e proporre la sua invenzione. Ha tentato con alcune case automobilistiche italiane, senza esito, non certo perché l’invenzione non sia meritevole, ma perché in Italia – per come la vedo io – non si fa né si promuove abbastanza lo sviluppo industriale e produttivo delle ricerche, anche indipendenti (non solo universitarie). Il successo di un’idea a volte segue processi stocastici, specialmente quando ci vogliono fondi per svilupparla! Eppure, il motore di Gaetano Capossela consente un risparmio di circa il 50% di combustibile, non necessita di raffreddamento ad acqua, riduce l’ingombro e le vibrazioni (mancando la testata), non necessita di valvole di aspirazione e scarico. Sembra davvero il motore perfetto.

Qualcuno obbietterà “Ma il combustibile finirà prima o poi”, nel frattempo però ne riduciamo i consumi. Se il motore di Gaetano fosse stato adottato già da diversi anni, non sarebbe stata comunque una limitazione dell’inquinamento? Rimane per me un arcano la circostanza per la quale il motore di Gaetano non abbia suscitato l’interesse di alcuna azienda meccanica, come rimane per me un mistero la quantità di tenacia di Gaetano nel riuscire a vincere la sua ventennale sfida, che è – tuttavia – ancora agli inizi.

Marika Borrelli

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