Un blog sui crimini internazionali. Questa idea, lo confesso, mi attira e un po’ preoccupa allo stesso tempo. Certo, l’argomento è interessante e per me, che di crimini di guerra, genocidi e violazioni dei diritti umani me ne occupo per lavoro da anni, è un po’ il pane quotidiano, per quanto suoni male detto così. Insomma, non è che non me ne renda conto: l’argomento non è dei più leggeri! E poi, un conto è scriverne e parlarne come studiosa, ricercatrice in università, avvocato, attivista per i diritti umani, un altro è farci su un blog. Eppure…

Eppure sempre più mi capita di trovarmi tra persone che nella vita fanno tutt’altro e che mi esprimono interesse per questi temi facendomi un sacco di domande: ma Bin Laden, era giusto ammazzarlo e buttarlo a mare? E Saddam Hussein, chi è che lo ha condannato poi, e su quali basi? Eppoi Omar Al Bashir, perché non lo arrestano se è accusato di genocidio in Darfur? Cosa vuole dire che l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i respingimenti in Libia? Poi, da quando sono stata a Gaza, le domande su come la penso sulla questione Israelo-palestinese e su come si possa affrontare il vuoto di giustizia che pervade quel conflitto si sprecano. In poche parole mi pare che siano tante le persone che hanno voglia di capirci qualcosa. In Italia purtroppo se ne parla ancora troppo poco, specie sui giornali, eppure in qualche modo la Corte Penale Internazionale, il Tribunale della ex Jugoslavia, le indagini aperte all’Aia su(i) Gheddafi e i crimini commessi in Libia durante il loro regime sono cose di cui bene o male tutti hanno sentito parlare, anche se spesso più male che bene.

E quindi, da dove partire? Oggi mi sono rincuorata. Mi è arrivata questa mail che mi invitava a collegarmi alla prima Live Blogging Session on First Ever ICC Verdict, che tradotto significa qualcosa tipo: ‘la prima sessione di blog in tempo reale sulla prima sentenza di sempre della Corte Penale Internazionale (International Criminal Court – ICC)’. Interessante, mi son detta, capita proprio a fagiolo che coincidenza!

In effetti – forse lo avrete letto – pochi giorni fa la Corte Penale Internazionale (che ha sede all’Aia) ha pronunciato la sua primissima condanna; Thomas Lubanga Dyilo un comandate militare congolese è stato condannato per crimini di guerra, in particolare per avere reclutato bambini soldato e averli costretti a combattere nel corso del conflitto in Congo tra diversi gruppi e fazioni militari. Una sentenza storica, la prima, che ha rappresentato in qualche modo la prova del fuoco per la Corte: le prime indagini, il primo arresto, la prima fase preliminare, il primo dibattimento. Ora è tutto nero su bianco, errori compresi. Senza tacere le critiche (specie rivolte all’operato del Procuratore, l’argentino Luis Moreno Ocampo, peraltro uscente) non può tralasciarsi l’importanza di questa ‘prima volta’; il primo processo di una corte penale internazionale permanente, indipendente dall’Onu, istituita tramite un trattato internazionale e fondata sulla cooperazione con gli Stati.

Se avete voglia di andare a curiosare al link indicato troverete un interessante scambio di domande&risposte su questa prima sentenza, curato dalla NGO Coalition for the International Criminal Court. Alcuni dei dubbi sollevati dai blogger sono alquanto pertinenti (primo tra tutti: “perché solo i bambini soldato, non si poteva condannarlo anche per le migliaia di crimini a sfondo sessuale, le violenze contro le donne, commessi durante il conflitto?”) centrano il punto e in qualche modo riassumono in poche righe molte pagine di commenti che i giuristi si stanno affannando a pubblicare sulle riviste specializzate.
Certo la forma del blog, specie live, comporta inevitabili semplificazioni e indubbiamente qualche cosa si perde, ma ho trovato lo strumento efficace, capace di tradurre in termini davvero accessibili qualcosa che purtroppo ancora accessibile non è. Se poi qualcuno avesse voglia di approfondire la questione, ecco il link alla sentenza (in inglese) sul sito della Corte: sono solo 624 pagine, buona lettura!

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