Le chiamava «ragazze», «amiche», «piccole». O, più terra terra, «il materiale». Erano le donne (spesso prostitute) fornite a Dominique Strauss-Kahn, allora direttore generale del Fondo monetario internazionale, per sollazzarsi nei luoghi più disparati del globo, alla fine di giornate altrimenti trascorse a incontrare i grandi del mondo o a gestire le crisi del debito sovrano. «Vuoi (anzi puoi) venire a scoprire un magnifico locale malizioso a Madrid con me (e del materiale) il 4 luglio?», scrive, ad esempio, in uno delle migliaia di sms inviati a Fabrice Paszkowski, imprenditore del Nord della Francia.

Lunedì scorso Dsk era già stato convocato a sorpresa dai magistrati di Lilla, che indagano sul cosiddetto «affaire du Carlton», dal nome dell’albergo intorno al quale ruotava il giro di squillo messo a disposizione del politico socialista. In quell’occasione era stato rinviato a giudizio per sfruttamento della prostituzione «aggravato, perché legato a una banda organizzata», nella quale avrebbe svolto un ruolo fondamentale. Ma in questa telenovela, per niente divertente, dove non ci si scandalizza più di nulla, la pubblicazione ieri pomeriggio da parte di Le Monde di estratti dei verbali dell’inchiesta non è passata inosservata, anche in un Paese dove c’è chi continua a difendere in nome del diritto alla privacy e di un certo libertinismo ostentato l’ex potente di Francia.

Il «materiale» (alias Sylvie, Jade, Catherine…) veniva inviato o portato a destinazione da Paszkowski o da un suo compare, David Roquet, altro imprenditore di Lilla, dirigente di Eiffel, colosso delle costruzioni. Secondo gli inquirenti erano loro a pagare i servizi delle donne, probabilmente con i fondi delle proprie società. «La parola materiale – ha spiegato Dsk ai giudici – indicava negli sms persone di sesso femminile. E’ inappropriato, non molto sofisticato. Ma è più rapido da utilizzare, invece di una lista di nomi». Le donne partecipavano a festini in alberghi di lusso americani, squallidi locali della campagna belga profonda, in garçonnière messe a disposizione nel cuore di Parigi. Il tutto fino all’altro scandalo che ha travolto Strauss-Kahn, la vicenda del Sofitel, l’hotel di New York, dove, il 14 maggio dell’anno scorso, avrebbe stuprato Nafissatou Diallo, un’addetta alle pulizie. Il caso è stato archiviato a livello penale dalla giustizia americana, ma proprio ieri si è tenuta la prima udienza del processo civile.

Ritorniamo a Lilla. Lì ai magistrati Dsk ha ammesso di non aver mai rinunciato alla sua vita «libertina», ma di non avere mai avuto «relazioni non consensuali». E di non sapere che quelle fossero prostitute, che venissero pagate. «Forse sono stato un po’ ingenuo» ha aggiunto. E alla domanda dei magistrati, «ma non ha mai chiesto a quelle donne quale professione svolgessero?», ha risposto, con un pizzico d’ironia: «Per quanto mi riguarda, non interrogo mai le persone sulla loro vita privata». Uno dei suoi legali, Henri Leclerc, ha sottolineato che, «anche se Strauss-Kahn avesse saputo che erano pagate, il fatto di avere un rapporto con una escort non costituisce un illecito».

Il problema è che, sulla base delle dichiarazioni rilasciate dalle donne, viene fuori un giro costruito ad hoc per lui, che fino a meno di un anno fa era in pole position per essere candidato dei socialisti alle prossime presidenziali. E con le probabilità più alte di vincere contro Nicolas Sarkozy. «Eravamo lì essenzialmente per Dsk, degli altri non ci importava nulla», ha ammesso Estelle. Mentre Marion ricorda «un puro consumo sessuale», assortito di scene «bestiali e violente». Uno dei due imprenditori coinvolti, Roquet, ha addirittura pianto davanti agli inquirenti, ricordando il suo sconcerto dopo l’arresto a New York di Strauss-Kahn. «Per me lui era un investimento, un bell’investimento. Che d’un tratto crollava». Sì, a quel momento divenne chiaro che non sarebbe più potuto diventare presidente della Repubblica francese. Non avrebbe più potuto aiutare la sua azienda in qualche appalto. Tanto sforzo per nulla.

Intanto François Hollande, il candidato socialista alle presidenziali, che fra poco meno di un mese deve affrontare il primo turno, ha voluto prendere le distanze dall’ex barone del suo partito. «E’ un affare privato, penoso – ha detto – Ma sul quale non ho alcun giudizio politico da formulare».

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