Nell’era di Internet e del digitale, poco più di un italiano su cento si laurea in scienze informatiche. Almeno secondo Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea. I dati si riferiscono al 2009 e vedono solo l’1,3% dei laureati italiani conseguire un titolo in informatica. Peggio di noi soltanto la Romania (0,9%), mentre la media nell’Ue si attesta al 3,4%. Mezza consolazione, ma davvero poco gaudio, è data dal fatto che le statistiche mostrano una generale tendenza al ribasso nel numero degli informatici in tutta Europa. Ma come sempre, non mancano le eccezioni (Malta + 3,7, Austria + 1,8).

La fotografia arriva il primo giorno della settimana europea delle “e-skills”, ovvero le capacità informatiche ed elettroniche, in corso fino al 30 marzo. Sì perché nel XXI millennio tecnologie e produzione vanno di pari passo, così come informazione ed entertainment. Lo sa bene l’Unione europea, che ha promosso a questo proposito la European e-Skills Week 2012. Si tratta di una campagna internazionale che si propone l’ambizioso obiettivo di insegnare alle persone come trovare lavoro grazie alle abilità informatiche nell’era digitale. Insomma, oro colato in tempi di crisi economica e disoccupazione galoppante. Per questo la Commissione europea collabora con Digital Europe e l’European Schoolnet, proprio perché informatica, oggi come oggi, vuol dire lavoro.

Eppure l’Italia, uno dei quattro Paesi europei del G8, quindi in teoria più industrializzati, ha una delle percentuali più basse dei laureati nel settore, appena l’1,3 per cento, contro una media europea del 3,4. Se prendiamo gli altri tre Paesi del G8, abbiamo Francia e Gran Bretagna al 4 per cento e Germania al 3,6. Per trovare percentuali più simili alle nostre dobbiamo guardare a Romania (0,9) e Portogallo (1,7). Già la Bulgaria inizia ad allontanarsi troppo, con un tondo 2 per cento.

Ma è davvero possibile che in Italia gli studenti siano così refrattari all’uso del computer? Per capire meglio la situazione, meglio allargare il cerchio agli utenti generali del personal computer. Sempre secondo dati Eurostat, in Italia il 61 per cento delle persone tra i 16 e i 74 anni hanno usato almeno una volta un pc. La percentuale sale al 90 per cento se consideriamo la fascia più stretta 16-24. Ma attenzione, ogni dato va contestualizzato e confrontato. In entrambi i casi, infatti ci troviamo sotto la media europea, che si attesta al 78 per cento (16-74) e 96 per cento (16-24). E parliamo di una media, perché se prendiamo la Germania (89 e 99 per cento), la Svezia (96 e 100) o la Danimarca (94 e 99) il confronto appare subito spietato.

Se andiamo poi più nel dettaglio delle operazioni informatiche, anche le più elementari come copiare o spostare un file o una cartella, la situazione di certo non migliora, e restiamo sotto la media europea per tutte le operazioni e tutte le fasce d’età. Anche tra i ‘junior”, ovvero i giovanissimi in teoria cresciuti a pane e computer, solo il 50 per cento sa creare una semplice presentazione elettronica Power Point, contro l’88 per cento dei giovani danesi. E dire che “informatica” era proprio una delle famose “tre I” della rivoluzione educativa dei governi Berlusconi.

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