E se la riforma dell’articolo 18 servisse a licenziare – oltre ai più deboli – anche i più intransigenti del Partito democratico, se non addirittura i meno fessi?

E se questa stupefacente ostinazione servisse ottimamente anche a perfezionare quell’esodo dei molti Fioroni, dei molti Letta con tutte le vettovaglie al seguito, verso il Bengodi elettorale di Monti & Passera, come già fece per tempo l’atletico Rutelli, ma questa volta senza neanche lasciarsi alle spalle rancori, tesoretti o bonifici calcolati in petali di margherita? Non si intravede alcuna logica, altrimenti, in questa nevrastenica danza per propiziare la pioggia dei licenziamenti, ma sempre promettendo l’imminente sole di una nuova e più cospicua occupazione.

Come se in tempi di crisi strutturale espellere lavoratori dal posto fisso, fosse così difficile da doverlo incentivare addirittura per decreto, foderandolo di grandi ricatti e morbidissimi moniti. Non bastando i molti milioni di trenta / cinquantenni già al vento della disoccupazione e i contratti con il timer incorporato e le prospettive sempre più remote di un risveglio dagli incubi di un mondo pensato solo da banchieri in astinenza da stock option.

Il Fatto Quotidiano, 23 Marzo 2012

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