Dice Michele Ugliola: “Sovrafatturavo così da ottenere le somme per la tangente da retrocedere”. Il sistema in queste poche parole. Obiettivo: creare delle provviste di denaro da utilizzare per corrompere politici. E del resto il ruolo dell’architetto Ugliola, pugliese di San Severo, con già qualche inciampo giudiziario alle spalle, è ben noto negli ambienti istituzionali lombardi. “Perché lui è più un mediatore, un intrallazzatore”. Il leghista Marco Paoletti, già assessore a Cassano d’Adda e poi consigliere provinciale, non ha dubbi e spiega: “Quando bisogna mediare tra imprenditori, tecnici e politici ci vogliono anche questi personaggi”. E’ l’agosto del 2009 e in quel periodo il telefono di Paoletti è intercettato. Le sue parole finiranno dritte nell’inchiesta che nel Natale 2010 azzererà la giunta di Cassano, sindaco in testa e con lui lo stesso Ugliola.

All’epoca, però, Paoletti non risulta coinvolto. Lo sarà un anno dopo, quando il suo nome viene iscritto nel registro degli indagati assieme a quello del presidente del Consiglio regionale lombardo Davide Boni. Così il 30 settembre scorso il consigliere provinciale è davanti ai magistrati. Racconta i suoi primi incontri con Ugliola. “Me lo ha presentato il sindaco di Cassano d’Adda Edoardo Sala“. Quindi spiega la presenza dell’architetto ai tavoli tecnici sulle modifiche del piano regolatore. “Successivamente – dice il politico leghista – mi sono reso conto che Ugliola era anche lo stesso professionista incaricato dai soggetti privati per le loro pratiche edilizie”. E’ in questo momento che emerge il suo ruolo di cerniera tra impresa e politica. Racconta un costruttore locale: “Ugliola mi disse che se volevo l’approvazione del progetto era necessario elargirgli del denaro”. Denaro che poi materialmente veniva raccolto dal cognato Gilberto Leuci.

Eppure questa è solo una parte della storia. L’altra, ancora poco conosciuta, sta nelle carte dell’inchiesta coordinata dal procuratore Francesco Greco e dal sostituto Laura Pedio. E’ qui che si fa chiarezza sul flusso del denaro: da dove arriva e a chi va. Un’indagine che ha portato a un primo risultato: il fallimento della Tema Engineering srl, società dello stesso Ugliola.

‘Architetto mazzetta’, ma, a questo punto, anche architetto fallito. E non solo: il reato per il quale è indagato assieme a Gilberto Leuci attualmente è appropriazione indebita, ma a breve si trasformerà nel più grave reato di bancarotta fraudolenta. Sia Leuci, consigliere delegato della Tema Consulting, che Ugliola, in veste di ad della Tema Engineering, sono accusati di essersi appropriati di 2.377.000 euro. Un tesoretto così suddiviso: “1.216.000 trasferiti dai conti correnti della società a quelli personali di Leuci e 1.161.000 sui conti personali di Michele Ugliola“. Inoltre “l’importo di 785.000 euro veniva fittiziamente contabilizzato come finanziamento soci”. Di più: Leuci e Ugliola “emettevano attraverso società a loro riconducibili fatture per operazioni inesistenti nei confronti delle società Tema Engineering e Tema Consulting per un ammontare complessivo di 930.000 euro”. Questo si legge nell’avviso di garanzia. L’inchiesta non è ancora terminata, tanto che solo una settimana fa la procura ha chiesto e ottenuto una proroga d’indagine.

Il punto è nodale, perché se da un lato il procuratore aggiunto Alfredo Robledo assieme al sostituto Paolo Nicola Filippini disegna il quadro dei rapporti politici, dall’altro la dottoressa Pedio fa luce su un flusso di denaro enorme. Le inchieste, che al momento corrono parallele, hanno, però, un punto comune: Michele Ugliola e la sua Tema Engineering, per la quale ha chiesto e ottenuto il fallimento anche grazie alle dichiarazioni di Emanuela Metalli, moglie di Ugliola. Sentita nel luglio 2011, la signora ha dichiarato ai magistrati di “non sapere se al 31 dicembre 2010 era stato depositato un bilancio della Tema Engineering”. Così la Guardia di finanza spulcia i conti e scopre che a fronte di un indebitamento crescente della srl, ci sono quasi due milioni di euro iscritti alla voce “crediti vari”. La spiegazione arriva dalla commercialista Annalisa Randazzo. Si comprende così che non esistono creditori specifici, ma che tutto quel denaro veniva girato a Ugliola e Leuci.

Non è la prima volta che la storia di Ugliola incrocia il cognome Randazzo. Avviene già nel 2005 quando la Finanza trasmette un’informativa ai pm che indagano su Antonveneta. La nota rivela che il commercialista Salvatore Randazzo, siciliano di Paternò, professionista di riferimento della famiglia La Russa, “è il depositario delle scritture contabili di Michele Ugliola”.

Insomma, la bancarotta sembra dietro l’angolo. Oltre a questo, le sette pagine dell’istanza inviata dalla procura al tribunale civile di Milano aiutano a capire i rapporti di Ugliola e il flusso di denaro che in parte, secondo la posizione dei magistrati, è finito nelle tasche di alcuni politici del Pdl e della Lega nord.

Ecco allora l’elenco di una contabilità che pur nella sua freddezza disegna un quadro a dir poco inquietante. E così nel maggio 2006 la società di Ugliola emette fatture false per 600mila euro nei confronti della società Milano Santa Giulia, spa partecipata al 100 per cento dalla Risanamento, società riconducibile al gruppo di Luigi Zunino. Si tratta di una consulenza per il progetto del quartiere milanese di Santa Giulia. Un’operazione edilizia finita in un’inchiesta per riciclaggio e che ha coinvolto Giuseppe Grossi, l’imprenditore amico del governatore Roberto Formigoni, morto il 12 ottobre 2011. Il 4 maggio Ugliola emette le fatture e due giorni dopo incassa 614.400 euro sul suo conto corrente aperto presso la banca Unicredit.

Il 10 dicembre 2006 si replica: l’architetto emette fatture per 614.000 a carico, in questo caso, di Risanamento spa e non per il progetto di Santa Giulia, ma per quello che Zunino sta portando avanti a Sesto San Giovanni nell’ex area Falck. Dieci giorni dopo, il conto Unicredit riceve il bonifico. Il 20 gennaio 2007, a Zunino arriva un altro conto salato: 204.800 euro sempre per il progetto di Sesto.

Fatture false vengono emesse a carico della Sile costruzioni srl. Una vicenda, quella della Sile, che viene illustrata da Ugliola nel suo interrogatorio del luglio 2011. Si tratta di un terreno agricolo a Cassano d’Adda che la società vorrebbe commercializzare. “Questo affare – dice Ugliola – fu proposto da me e da Leuci all’imprenditore veneto Francesco Monastero, il quale era interessato perché voleva costruire un parco commerciale”. Da qui il pagamento di 500mila euro da parte di Monastero. Denaro che serve a trasformare l’area da agricola a commerciale. Ugliola: “Dicemmo chiaramente a Monastero che parte della somma che lui ci avrebbe dato l’avremmo riconosciuta al sindaco Sala e di questo ne era consapevole fin dall’inizio”. Della vicenda di Monastero ne parla Gilberto Leuci in un interrogatorio davanti al sostituto procuratore Laura Pedio. In sostanza emerge come Monastero, dopo aver incontrato problemi burocratici in Veneto, si sia rivolto direttamente al presidente del consiglio regionale lombardo Davide Boni, il quale lo avrebbe indirizzato direttamente ad Ugliola.

Insomma, mai come in questo caso il detto follow the money si è dimostrato utile per capire in che modo, secondo l’accusa, sono state accumulate le provviste per oliare gli ingranaggi della politica lombarda, in particolare quella regionale, che oggi conta dieci indagati su ottanta consiglieri. Record nazionale.

IL DISOBBEDIENTE

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