C’è lo stilista delle scarpe coi tacchi Giuseppe Zanotti, di origini riminesi. C’è l’imprenditore forlivese Fabio Porcellini, indagato dalla Procura di Forlì e collegato al faccendiere Flavio Carboni. C’è Walter Ceresa, il presidente di Iren Energia, una delle controllate del gruppo Iren (sede direzionale a Reggio Emilia), ma c’è anche il fratello Marco: tutti e due hanno sponde in Uruguay. Ci sono poi tre signore, madre e figlie, proprietarie dei tre Toni Hotels di Rimini. Ma c’è pure un imprenditore condannato e arrestato per reati gravi, considerato un narcotrafficante legato alla ‘ndrangheta della Locride.

Sono solo alcuni dei titolari di conti collegati al caso di Sofir (Bologna) e Compagnia Fiduciaria di Genova (Cfg), le due società fiduciarie (private e non legate a gruppi bancari) che in questi anni hanno scudato per conto dei propri clienti centinaia di milioni di euro, in gran parte a San Marino. Come riportato oggi tra le pagine economiche del Corriere della Sera, la rete di Sofir in particolare pullula di ex evasori che grazie allo scudo fiscale hanno sanato la propria posizione. Tutti pensavano di restare anonimi, ma un sospetto boom di mandati fiduciari ha innescato l’ispezione dell’Uif (la Financial Intelligence Unit italiana della Banca d’Italia, ovvero la struttura nazionale incaricata di prevenire e contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo) che ha fatto emergere una serie di irregolarità e violazioni. I documenti ispettivi sono finiti in tre Procure, quelle di Bologna, di Rimini e di Genova. Tra le centinaia di aziende intestate alla Sofir in Emilia Romagna- ricorda il Corsera- c’è anche la Teti, la finanziaria dell’ex presidente di Unipol Giovanni Consorte. Alla Sofir faceva capo per conto terzi anche la Rsc-Research Control System, alla ribalta delle cronache di questi anni per i nastri Fassino-Consorte.

Dunque, dalla lista dei conti dei vip a San Marino non più segreta emergono profili illustri. Il riminese Zanotti, che nel 200 ha aperto la prima boutique a Milano per arrivare a 50 punti vendita in tutto il mondo, da New York a Dubai passando per Mosca, aveva depositato soldi nel Titano sottoforma di liquidità e partecipazioni, schermate da un’altra fiduciaria, in Asset Banca. Poi ha regolarizzato tutto quota della moglie compresa: in totale 2,5 milioni di euro. Azioniste occulte di Asset anche le proprietarie dei Toni Hotels della Riviera riminese, che a San Marino avevano 4,5 milioni.

Oltre a Porcellini, poi, c’è un imprenditore dalle gesta analoghe: si chiama Arturo Spini e ha regolarizzato 1,2 milioni messi nella Cassa di San Marino. I fratelli Ceresa, invece, gestiscono il loro patrimonio da due fondazioni del Liechtenstein, hanno quote in società uruguaiane e hanno scudato polizze assicurative varie (ma anche un contenzioso con Privat Bank di Zurigo). Al fisco, in tutto, avevano nascosto ben 18 milioni.

Sofir ha scudato a tutti, ma proprio a tutti, e non aveva segnalato nemmeno Nicola Femia, che aprì un mandato sulle quote della Tecnoslot (affari nei videogame) ed è considerato un trafficante di droga vicino alle ‘ndrine della Locride.

Alla Sofir, come rivelato nelle ultime settimane, si era rivolto anche il presidente della Camera di Commercio di Rimini, Manlio Maggioli, di nuovo nella bufera in Riviera per aver scudato, e fatto rientrare, nel Titano due milioni di euro, come emerso da un atto del secondo filone di inchiesta della Procura di Forlì sul Credito di Romagna (commissariato dal ministro dell’Economia e delle Finanze su proposta di Bankitalia nell’estate del 2010 per i legami con l’Ibs di San Marino).

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