Andrea e Senad sono liberi e già oggi, 22 marzo, potrebbero lasciare il Cie. A stabilirlo con un’ordinanza il coordinatore dei giudici di pace di Modena, Giandomenico Cavazzuti, che con una sentenza di 15 pagine ha di fatto annullato il decreto di espulsione emesso dal prefetto di Modena e riconosciuto la non applicabilità della legge Bossi – Fini, la 286/98, al caso dei due ragazzi di origini straniere, nati però in Italia. Andrea e Senad, quindi, figli di genitori bosniaci rimasti senza lavoro e, per questo, non in regola con il permesso di soggiorno, rinchiusi nel centro di identificazione e di espulsione da oltre un mese, potranno tornare a casa. A Sassuolo, dove sono cresciuti e dove vivono con la loro famiglia.

“E’ una sentenza storica – ha commentato la decisione l’avvocato difensore dei due ragazzi, Luca Lugari – il giudice ha riconosciuto loro lo ius soli stabilendo un precedente che sicuramente aiuterà a chiarire la situazione di moltissimi giovani come Andrea e Senad, che erano finiti in quello che si potrebbe descrivere come un vuoto normativo”.

Uno status caratterizzato dalla non appartenenza ad alcun paese, senza patria quindi. Nati in uno stato che non concede loro la cittadinanza eppure non riconosciuti dalla nazione d’origine dei genitori, perché non registrati all’ambasciata di riferimento entro i 18 anni. “Meno che apolidi” insomma, senza la possibilità di vivere regolarmente in Italia, ma senza nemmeno poter essere espulsi, perché privi di un luogo a cui essere riconsegnati.

“I ragazzi erano allo stremo delle forze ormai, temevano di rimanere chiusi al Cie per i 18 mesi previsti come termine di trattenimento e se il giudice non fosse intervenuto, avrebbero intrapreso lo sciopero della fame” racconta l’avvocato. I loro appelli, infatti, rivolti in primis al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e alla Corte europea per i diritti dell’uomo avevano raccolto numerose adesioni. Sia tra gli esponenti della politica italiana, sia tra le associazioni locali e nazionali. Tuttavia, la discussione sulla loro “pericolosità sociale” sollevata dal senatore Carlo Giovanardi, con un’interpellanza al presidente del consiglio Mario Monti, e la diffusione dei dati relativi ai loro precedenti penali, sembrava aver messo in discussione il rilascio.

“Questa vittoria – ha aggiunto Lugari – è stata conseguita anche grazie all’aiuto di quelle associazioni in difesa dei diritti civili che per giorni hanno manifestato, sensibilizzando l’opinione pubblica su un tema che in Italia necessita di una nuova regolamentazione”. Tra le numerose espressioni di solidarietà suscitate dalla vicenda di Andrea e Senad S., 23 e 24 anni, tra le iniziative de “l’Italia sono anch’io”, che solo a Modena ha raccolto 7.189 firme, consegnate con le altre 109mila al Parlamento, anche Laura Boldrini, responsabile dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, si era interessata al procedimento in corso. Un procedimento che solo lunedì, durante la seconda udienza davanti al giudice di pace, sembrava senza soluzione, se non quella di un intervento diretto da Roma.

“Siamo pronti ad accoglierli calorosamente non appena usciranno da quella struttura – ha aggiunto Cécile Kynege, del comitato 1 marzo – La sentenza del giudice di pace non solo ha sancito che anche per l’Italia è arrivato il momento di adeguare il quadro normativo a un fenomeno, l’immigrazione, che ormai costituisce la normalità. Ma ricorda anche che utilizzare i precedenti di una persona come strumento per tenerla rinchiusa al Cie non è legittimo, perché per giudicare i reati esistono i tribunali. Ora speriamo che anche questo paese si adegui agli standard europei”.

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