Macché questione morale. In un’Aula con dieci indagati su 80 va in scena la dissertazione sul termine ‘pirla’. Sale in cattedra Roberto Formigoni. Che anziché commentare la mozione appena bocciata sulle dimissioni di Davide Boni da presidente del Consiglio regionale lombardo, prende la parola per una spiegazione indispensabile: l’epiteto rivolto mezz’ora prima al capogruppo dell’Idv Stefano Zamponi non è un’offesa.

“E’ importante ricostruire i fatti”, inizia il presidente della regione Lombardia riferendosi al battibecco con Zamponi, che lo ha accusato di non avere mai lavorato e, per questo, si è sentito dare del ‘pirla’ e del ‘bugiardo’. “Pirla era vocativo – specifica Formigoni -. Avrei potuto dire ‘oh pirla, informati’”. E qui la lista delle attività svolte in passato dal governatore, prima che la politica diventasse la sua vita: “Sono stato insegnante di storia e filosofia nei licei, assistente universitario, giornalista praticante e professionista, ricercatore”. Un elenco che Zamponi e i colleghi dell’opposizione non hanno modo di sentire, visto che dopo l’incipit del presidente lasciano l’Aula per protesta. “Il termine ‘pirla’ – continua Formigoni davanti ai consiglieri di Lega e Pdl – per il tribunale di Milano non lede l’onore e il prestigio di una persona”. Cita due sentenze, con l’ausilio di un foglio che i suoi collaboratori gli hanno preparato in men che non si dica: il caso di uno studente che diede del ‘pirla’ all’insegnante e di un cittadino che si rivolse così a un vigile. Entrambi assolti: è la prova che “dare del pirla a Milano non è un insulto. E quindi dare del ‘pirla’ a Zamponi non è reato”, conclude Formigoni soddisfatto.

Applaude la maggioranza. Si indigna l’opposizione: “Vogliamo un altro presidente”, commenta secco il capogruppo del Pd Luca Gaffuri, prima di ricordare il dito medio mostrato da Formigoni alla folla che lo contestava a novembre davanti a Palazzo Grazioli. E la scena colta una settimana fa dalla telecamera de ilfattoquotidiano.it, con il governatore che si congratula con il capogruppo dell’Udc Gianmarco Quadrini per avere “inculato” la sinistra. E oggi, il presidente della Lombardia ne aggiunge un’altra: “Viene in Aula – continua Gaffuri – e invece di partecipare alla discussione sulla questione politica offende un capogruppo e se ne fa una ragione”. Eppure all’ordine del giorno oggi ci sono di nuovo le dimissioni di Boni, indagato per tangenti. Niente da fare, la mozione presentata dall’opposizione dopo quella giudicata inammissibile settimana scorsa viene bocciata per 42 voti contro 29. Boni resta al suo posto, a presiedere un Consiglio dove gli indagati, giusto ieri, sono diventati dieci, grazie a Romano La Russa, sotto inchiesta per finanziamento illecito al Pdl. A questi numeri va poi aggiunto il processo in cui è alla sbarra lo stesso Formigoni, con l’accusa di avere diffamato i Radicali con le sue dichiarazioni sulla vicenda delle firme false associate al listino bloccato presentato alle regionali del 2010. Lo fa notare Zamponi. Il governatore non ne fa mai cenno: “Che sia imputato a sua insaputa?”, si chiede il capogruppo dell’Idv. Piccola vendetta per il ‘pirla’ ricevuto.

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