Il titolo è quello della sua poesia più famosa, lo stesso di una commedia deliziosamente nera con un team di attori mostruosi come Vincent Price, Boris Karloff e Peter Lorre. Il meccanismo, invece, quello di un thriller gotico immerso in una cornice scenografica di buona, ma anonima qualità. Nella Baltimora del 1849 – la data dice già molto sul personaggio –, Edgar Allan Poe viene ingaggiato dalla polizia per mettere fine ad un rosario di delitti che traggano ispirazione dai suoi racconti più celebri. Ancora una sfida tra uno scrittore-ispiratore e un ammiratore-assassino, un insieme di quadri di morte che attingono a Il pozzo e il pendolo oppure a I delitti della Rue Morgue, proprio come il vecchio Phibes rimetteva in scena le bibliche piaghe d’Egitto per vendicare l’amata. Che differenza di classe però.

Dopo l’esplosivo V per Vendetta e lo svelto Ninja Assassin, James Mc Teigue aveva le carte in regola per firmare il From Hell del nuovo decennio, ma perde l’anima dietro ai gusti del grande pubblico e alle indagini di mercato: The Raven – nelle sale da venerdì – ingagliardisce il personaggio di Poe seguendo la lezione dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie, infila scene ad effetto raccapricciante come vuole l’orrore d’oggi e orchestra un gotico di facciata ben attento a non sconfinare nel morboso (quello sì, troppo disturbante); dietro alle singole sequenze non è difficile intravedere il calcolo, non nell’accezione di precisa riflessione, ma in stretto senso contabile, monetario. Invece di sottilizzare sul trattamento riservato al genio di Boston, c’è da chiedersi perché la sceneggiatura sprechi la possibilità di approfondire quel discorso, qua e là affiorante, sui rapporti tra artista e critico e ancora tra artista e editore.

Non scandalizzi, comunque, la spregiudicata libertà con cui The Raven si muove all’interno dell’opera dello scrittore (che fa nascere il giallo moderno alla cui struttura rimanda anche questa storia). Dagli albori ad oggi, il cinema ha acquisito la confidenza necessaria per aggirarsi nelle sue “splendide e atroci meraviglie”, per dirla con Borges, senza bisogno di nient’altro che un titolo: anche l’arcinoto ciclo dei Corman-Poe funzionava così. In attesa che qualche distributore si decida una buona volta a comprare Twixt di Francis Ford Coppola, in cui ha il volto di Ben Chaplin, il Poe di John Cusack aggiunge ai tratti di un Auguste Dupin non più triste, ma baldanzoso e lievemente maleducato la sua invidiabile morbidezza d’attore. E’ il caso, non raro di questi tempi, di un action-horror per famiglie in cui, al di sotto della ragguardevole confezione, si gioca a togliere sempre di più per non incorrere nella possibilità dell’incomprensione dello spettatore.

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