La polizia di Washington ha arrestato George Clooney durante una manifestazione di protesta di fronte all’ambasciata del Sudan. L’attore è stato poi rilasciato in giornata. Mercoledì l’attore aveva parlato di fronte al Congresso di una “campagna di morte” in corso nel Paese africano. Clooney ha ottenuto in quella circostanza che Barack Obama faccia pressioni sul presidente cinese Hu Jintao, sostenitore del sudanese Omar el Bashir. I due leader si vedranno il 26 e il 27 marzo a Seul in Corea del Sud. Clooney è peraltro tornato da pochi giorni da una visita clandestina nel Sud Kordofan, una delle regioni contese tra Sudan e Sud Sudan, dove sono in corso da mesi violenti combattimenti tra le truppe di Khartoum e le forze di Juba.

“Bisogna agire subito in quella regione, altrimenti si rischia il disastro” ha detto l’attore di Hollywood subito dopo essere stato rilasciato dalla polizia dopo poco più di tre ore. La polizia di Washington, oltre a Clooney, aveva arrestato anche suo padre e ad alcuni parlamentari americani.

Star dei diritti umani oltre che di Hollywood, insomma, anche se per poche ore. Il pluripremiato attore americano è stato fermato davanti l’ambasciata del Sudan, mentre aveva inscenato una manifestazione. “Volevo attirare l’attenzione sul pericolo di un nuovo massacro in Sudan – ha detto Clooney una volta tornato libero – e al momento uno dei pochi modi per farlo è farsi arrestare”. Il gesto di disobbedienza civile (ha sostato per la protesta sul terreno dell’ambasciata) è costato come detto il fermo anche al padre dell’attore, il 78enne Nick Clooney, ad altri attivisti e a quattro parlamentari: Al Green, Jim McGovern, Jim Moran and John Olve. Tutti sono stati ammanettati e portati via a bordo di un furgone della polizia.

“Essere arrestati è sempre umiliante, non importa cosa tu abbia fatto, ma sono contento di essere qui insieme con mio padre”, ha detto l’attore secondo quanto ha riportato su twitter Ann Curry della Nbc. George Clooney ha aggiunto: “Cerco di suscitare l’attenzione (su quanto accade in Sudan, ndr), il Congresso deve sapere, il presidente deve sapere”. Attorno alla star di Hollywood c’erano, oltre ai giornalisti, decine di attivisti che insieme a Clooney avevano ignorato gli inviti della polizia ad abbandonare il terreno. “Sudan: stop all’uso del cibo come arma” è stato lo slogan più gridato, alludendo a quella parte del Sudan dove, per ordine del presidente Omar al Bashir, accusato dall’Aja di crimini contro l’umanità, non arrivano aiuti umanitari per 250mila persone. “Gli aiuti umanitari – ha proseguito Clooney – devono arrivare prima che ci si presenti la peggiore crisi umanitaria del mondo. E, come seconda richiesta, vogliamo una cosa semplice: il governo di Khartum deve fermare gli attacchi nell’area, nei quali muoiono uomini, donne e bambini”.

Da giugno 2011, quando è scoppiata una nuova fase della guerra tra il governo del Sudan e il Movimento di Liberazione Popolare del Sudan del Nord, è stata un’escalation di violenze, che ha spinto alla fuga 1,2 milioni di persone. Nonostante il governo abbia negato l’accesso ai giornalisti stranieri e alle Ong internazionali – come afferma Italians for Darfur – le notizie riescono a filtrare. Circa 20-30mila nubiani sono riusciti a scappare a piedi per rifugiarsi a Yida dove conducono un’esistenza precaria, con penuria di cibo e carenze sanitarie. Non solo Clooney, comunque: da Roma a Washington, manifestazioni contro le violenze in Sudan si sono susseguite per tutta la giornata per porre all’attenzione del mondo mezzo milione di persone in Sud Kordofan e Nilo Azzurro che rischia di morire di fame dopo essere scampato ai bombardamenti delle forze armate sudanesi.

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