La Bce ha rivisto al ribasso le stime sul Pil dell’eurozona. Nelle proiezioni contenute nell’ultimo bollettino mensile, la variazione attesa è compresa tra una flessione dello 0,5% e un incremento dello 0,3% nel 2012 e uno 0,0% e un +2,2% nel 2013. Le precedenti stime degli esperti di Francoforte, risalenti a dicembre, prevedevano una variazione del Pil tra il -0,5% e il +1% nel 2012 e tra il +0,3% e il +2,3% nel 2013. Tale revisione “riflette in prevalenza l’impatto della più debole domanda estera, dei più elevati prezzi del petrolio, delle ulteriori misure di risanamento delle finanze pubbliche e delle condizioni di offerta del credito lievemente più restrittive”.

La Bce ora prevede un’inflazione 2012 sopra il 2% “con il prevalere di rischi al rialzo”, e anche per questo sembra aver allontanato ogni ipotesi di ulteriore allentamento della politica monetaria. E in diversi Paesi, fra cui Italia, Irlanda, Cipro, Francia e Portogallo, gli aumenti dell’iva applicati o annunciati “avranno un impatto nel 2012 e determineranno il protrarsi delle pressioni al rialzo sull’inflazione nel corso dell’anno”. La Banca centrale auspica “maggiori progressi” sul fronte delle riforme strutturali da parte dei governi dell’area euro, importanti quanto il riequilibrio dei bilanci “nel potenziare la capacità di aggiustamento e la competitività dei paesi, rafforzando quindi le prospettive di crescita e la creazione di posti di lavoro”.

Infine i due maxi-prestiti a tre anni sborsati dalla Bce a dicembre e febbraio sono stati decisi “a fronte di circostanze straordinarie nell’ultimo trimestre del 2011” e “potrebbero aver contribuito a contenere gli effetti di contagio della crisi del debito sovrano”,  oltre ad aver avuto effetti positivi sul mercato bancario. In Italia la fiducia dei consumatori “si è gradualmente indebolita per riportarsi su livelli analoghi a quelli osservati durante la recessione del 2008-2009”, e siamo il paese che nell’Eurozona ha registrato il maggiore calo dello spread tra i propri titoli di Stato e i Bund tedeschi. Una flessione pari a 166 punti avvenuta “nonostante il declassamento da parte delle tre principali agenzie di rating”.

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