Le date vanno incrociate per capire che una promessa, a volte, è un miraggio. Anche per i tecnici. Domenica 8 gennaio, disse Mario Monti a Che tempo che fa: “La Rai non è in agenda, ma presto vedrete”. Passano due mesi, non si vede né intravede nulla. Domenica 11 marzo, il ministro Corrado Passera (Sviluppo economico) al Sole 24 Ore: “Non ci sono tempi e modi per riformare la legge, il Cda in scadenza (a fine marzo, ndr) verrà rinnovato con le regole esistenti”. Quelle che scrisse l’ex ministro Maurizio Gasparri e prevedono che siano i partiti, attraverso la commissione di Vigilanza, a nominare 7 sui 9 consiglieri di viale Mazzini più il presidente indicato dal governo. Questo è il piatto velenoso che il Partito democratico dovrebbe razzolare assieme ai festanti berlusconiani e leghisti che ricordano ottime abbuffate di televisione pubblica. Ma il segretario Pier Luigi Bersani insiste e resiste: “Sono pronto a sostenere un decreto legge ben motivato per creare una nuova gestione di viale Mazzini. Non si dica che non si può, i motivi sono politici. Io non partecipo in Vigilanza”. E Angelino Alfano ripete ossessivamente: “Rai e giustizia non sono emergenze”

Il Partito democratico che diserta la Vigilanza sarà in compagnia dell’Italia dei Valori e forse del Terzo Polo, ma il silenzio di Casini e soci in questi giorni fa pensare il contrario. L’ultimo tentativo di Palazzo Chigi – che chiede di formare un Cda con personalità esperte e imparziali – sarà giovedì durante l’incontro fra il presidente Monti e i tre segretari, riuniti nella sigla Abc: cioè Alfano, Bersani e Casini. Nessuno molla su viale Mazzini, dunque che può succedere? L’ex consigliere Rizzo Nervo, che si dimise per la spartizione del Tg1 e dei Tg regionali fra Lega e Pdl, conosce i mali e le cure che ruotano intorno a un gruppo televisivo strategico per la propaganda politica: “Questo governo è riuscito a varare diverse riforme che per anni sfuggivano agli inquilini di Palazzo Chigi, basta citare i provvedimenti su pensioni, energia, liberalizzazioni, come si può far credere che per la Rai sia troppo tardi? Così si apre un periodo di incertezza e preoccupazione con i partiti che si scontrano sul tema, e il governo che non decide. L’unica strada è quella pericolosissima di tenere in carica, chissà fino a quando, un Consiglio di amministrazione che riflette la vecchia maggioranza e che il presidente Garimberti ha dichiarato ingovernabile. Tutti dicono che dopo questo governo nulla sarà come prima, aggiungerei una postilla a margine: nulla, tranne il mercato televisivo”. Ma è davvero complicato toccare la Gasparri? “Sarebbe sufficiente modificare un articolo e tre commi. Anzi, addirittura applicandola per quello che prescrive, ovvero che i consiglieri siano di provata ‘autonomia e indipendenza’. Eppure il Cda è stato spesso letteralmente militarizzato da una maggioranza leghista e berlusconiana”.

C’è la possibilità che sia riconfermata Lorenza Lei, il direttore generale scelto per sostituire Mauro Masi: “Entrambi rappresentano un’esperienza negativa. Masi ha tentato di espellere professionisti non graditi, mentre la Lei è riuscita a raggiungere lo stesso obiettivo con metodi diversi e ora la televisione pubblica non ha più Santoro, Saviano, Dandini, Ruffini”.

Non vanno bene nemmeno i conti, nonostante il pareggio nel 2011, i debiti consolidati superano i 300 milioni di euro. Che può fare il governo? “Si è parlato addirittura di un commissario esterno per sistemare lo stato economico, adesso si annuncia che si resta fermi: mi sembra un passo indietro enorme. La Rai necessita di un profondo riassetto industriale e – spiega Rizzo Nervo – di uno snellimento dei costi. Ci vuole coraggio per tagliare le attività marginali oppure nei prossimi mesi la situazione diventerà gravissima, fuori controllo. Il governo non può ignorare la Rai, l’azienda culturale più importante d’Italia, sarebbe la sua prima e significativa sconfitta. E la gente non lo capirebbe”.