“Trattenerli al Cie non ha senso. Non potranno neppure essere espulsi”. A parlare del caso di Andrea e Senad, i due ragazzi di origine bosniaca nati e cresciuti in Italia rinchiusi da un mese nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Modena, è Valerio Onida. L’ex presidente della Corte costituzionale, intervistato da ilfattoquotidiano.it, parla Costituzione alla mano e segnala una contraddizione nell’ordinamento italiano. “Avere la cittadinanza è un diritto universale. Bisognerebbe cambiare la legge italiana, in modo che chi non ha attualmente una, perché come nel caso dei due ragazzi l’ha persa, abbia diritto a ottenere quella italiana”.

I due ragazzi sono nati e cresciuti in provincia di Modena. Hanno studiato in una scuola di Sassuolo e tifano la squadra cittadina. La vita dei due giovani di 23 e 24 anni, figli di immigrati bosniaci fino a qualche tempo fa regolarmente residenti in Italia, è cambiata da quando i genitori, venditori ambulanti, hanno perso il lavoro e insieme il permesso di soggiorno, nel 2007. In quel momento per il nostro ordinamento i due ragazzi sono diventati meno che apolidi, non avendo un chiaro status giuridico. Per questo il 10 febbraio scorso, dopo un controllo, sono stati portati nel Cie in attesa d’identificazione ed espulsione, dove vivono tuttora.

Il problema è che non hanno né un passaporto, né una patria a cui fare ritorno. Allo stesso modo, se le autorità italiane volessero espellerli, non ci sarebbe alcun paese estero a cui consegnarli. Questo perché i genitori non li hanno mai registrati all’ambasciata bosniaca (si dovrebbe fare entro i 18 anni), e loro non sono mai usciti dall’Italia. Non solo. I ragazzi sono nati ai tempi della Jugoslavia. Uno stato che ora si è disintegrato. Per Onida, se la vicenda venisse portata davanti a un giudice, potrebbe fare saltare alcuni passaggi della legge italiana del 1992. “Quella norma prevede che può avere la cittadinanza italiana chi nasce da genitori che non possono trasmettere la propria ai figli. Questo perché magari il paese d’origine della famiglia dà il proprio passaporto solo a chi nasce in patria e non chi nasce all’estero, per esempio in Italia. In quel caso la nostra legge ti dà la cittadinanza.

“Però – prosegue il ragionamento l’ex presidente della Consulta – quando i due ragazzi sono nati probabilmente avevano una cittadinanza jugoslava. Ora, con la disgregazione di quello Stato, l’hanno persa, e allo stesso tempo non hanno neppure quella italiana. Si potrebbe tentare anche attraverso una azione giudiziaria, magari facendo notare la contraddizione tra una legge che dà la cittadinanza a chi non ce l’ha alla nascita, ma non la prevede per chi, per altri motivi, la perde. In questi casi la legge italiana sull’acquisto della cittadinanza potrebbe dirsi incostituzionale”.

Onida allarga il suo discorso anche alla questione dello ius soli, cioè il sistema giuridico secondo cui chi nasce nel territorio di un Paese – succede per esempio negli Stati Uniti – acquista automaticamente la cittadinanza di quello Stato. Nei mesi scorsi anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva sollecitato i partiti affinché ponessero un rimedio al fatto che chi nasceva e cresceva in Italia da genitori stranieri non fosse un cittadino italiano. Inoltre, se il sistema vigesse in Italia, i due ragazzi di Sassuolo non si troverebbero dove sono. Il costituzionalista è d’accordo con l’idea, ma ci va cauto e sembra essere più propenso a una via di mezzo. “La questione dell’estensione dello ius soli è una questione politica. Sarebbe giusto che, per esempio, per chi nasce da genitori marocchini la legge italiana rendesse più semplice l’acquisto della cittadinanza, magari dopo aver frequentato la scuola. Perché no?”

Del resto, assicura colui che per un anno ha guidato la Corte costituzionale, “l’acquisto della cittadinanza e l’eventuale introduzione dello ius soli non sono affatto materia costituzionale”. Insomma, non ci sarebbero da fare referendum o non ci sarebbe bisogno di maggioranze più larghe in Parlamento. Ma sulla questione dei due ragazzi di Sassuolo Onida ribadisce: “C’è un caso più grave, una situazione particolare con due persone che non hanno una cittadinanza. E questo sì, cozza con la Costituzione e con la stessa Dichiarazione dei diritti dell’Uomo.

Valerio Onida parla anche dei Cie. “Si ritiene possibile che quando uno deve essere trattenuto per l’espulsione ci possa essere una limitazione della libertà con tutte le garanzie costituzionali. Ma una detenzione molto breve sarebbe legittima – spiega Onida – nella misura in cui serve ad assicurare l’espulsione, se no non ha senso”.

Intanto domattina a Modena ci sarà la prima udienza davanti al Giudice di pace, dove i ragazzi saranno seguiti dall’avvocato Luca Lugari. Fuori, associazioni e partiti manifesteranno perché i due ragazzi siano rilasciati. “Siamo nati e vissuti sempre in Italia – hanno detto da dietro le sbarre Andrea e Senad –. Sebbene i nostri genitori non abbiano ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno perché attualmente disoccupati, ci sentiamo profondamente italiani: abbiamo frequentato le scuole dell’obbligo in Italia, conosciamo usi e costumi italiani. In questa specie di carcere ci chiamano ‘ospiti’, ma noi non siamo né ospiti, né intrusi. Siamo bloccati al Cie, a spese dei contribuenti, in attesa di un provvedimento che non potrà mai essere eseguito”.

L’avvocato Lugari ribatte anche alle parole del senatore modenese Carlo Giovanardi, che nei giorni aveva sostenuto che “i due fratelli non sono nati in Italia, la madre non ha mai richiesto la cittadinanza italiana e ambedue sono pluri-pregiudicati per aver commesso gravi reati”. I due ragazzi, in realtà, quando erano minorenni, avrebbero commesso 3-4 furti per cui già hanno scontato le loro pene, come conferma lo stesso legale. Anche la deputata del Partito democratico Sandra Zampa lancia “un appello al ministro degli Interni, Anna Maria Cancellieri, affinché i due ragazzi siano liberati. È una detenzione senza senso. Se avessero commesso di reati ci sarebbero altre pene, non il Cie, che oltretutto costa decine e decine di euro al giorno ai contribuenti“. Ora tuttavia, la paura per Andrea e Senad, è che usciti dal Cie, tornino a essere cittadini senza patria. Fantasmi.

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