Non è ancora ufficiale, ma attorno alla candidatura di Giorgio Squinzi per la poltrona presidenziale di Confindustria, tra pochi giorni il voto, si sta delineando una maggioranza piuttosto netta. Una cordata tra grandi elettori regionali, provinciali e di categoria che raggiungerebbe tra Nord e Sud Italia un robusto 75% di voti e che vedrebbe un unico grande sconfitto: Luca Cordero di Montezemolo.

Le tela che Squinzi, patron Mapei e presidente della squadra di calcio emiliana del Sassuolo, ha tessuto in questi ultimi due mesi è trasversale, eterogenea e diramata oramai su tutto il territorio nazionale. Segno che l’endorsement per lo sfidante Alberto Bombassei lanciato da Montezemolo un paio di mesi fa, e ancora prima da Marchionne, accompagnato da una rigida svolta conservatrice all’interno del palazzo di viale dell’Astronomia a Roma, non ha funzionato.

Bombassei, che con la sua Brembo s.p.a. fornisce freni a Fiat e Ferrari, pare non aver calcolato bene le capacità di frenata di un auto impazzita come la sua candidatura, andando lungo ben oltre la curva delle votazioni finali. Ripensando al primo grande sponsor, quel Marchionne, a.d. dalla casa automobilistica di Torino, qualche risentimento deve essere nato. Intanto l’evanescenza di un supporto proveniente da chi, come la Fiat, non ha più potere di voto in Confindustria, essendosi sfilata nel dicembre del 2010 dopo un drammatico colloquio con l’attuale presidente Emma Marcegaglia nella hall di un albergo di New York.

Una Marcegaglia che avrebbe fortemente voluto un successore come Squinzi: amicizie e legami a destra come a sinistra, fautore del dialogo con in sindacati per l’articolo 18 e sull’ipotesi di nuove politiche industriali. La sparata di Marchionne era comunque in palese contraddizione con questa voglia sfrenata di lasciare l’Italia per Detroit, spostamento geografico che è oramai questione di pochi anni se non di mesi.

E Bombassei non sarebbe stato abbandonato soltanto da Marchionne, ma anche da tutto il settore di Federmeccanica a lui vicino (ne è stato presidente dal 2001 al 2005), dai Giovani Imprenditori e soprattutto da Luca Cordero di Montezemolo che Bombassei ha seguito nell’avventura dell‘Alta Velocità, e che ha dimostrato la clamorosa debolezza della sua lobby. Tanto che nelle stanze di viale dell’Astronomia si vocifera che il presidente della Ferrari avrebbe chiesto al candidato bruciato di fare un passo indietro prima dell’inevitabile sconfitta, soprattutto sul piano del prestigio, del 22 marzo.

L’ultimo capitolo riguarda il presidente di Confindustria Emilia Romagna, Gaetano Maccaferri che ieri ha riportato nella sede confindustriale milanese i voti “informali” della propria associazione. Pur essendo super partes, il lavoro di alleanze che Maccaferri ha effettuato tra i colleghi emiliano romagnoli è stato ponderato e di fino, riuscendo a raccogliere un 60%  di consensi attorno alla candidatura Squinzi che solo un mese fa pareva insperato. Il rapporto che via via si è formato tra Maccaferri e Squinzi, non è un colpo di fulmine, ma nemmeno una sbandata passeggera, tanto che dovrebbe portare il proprietario del 50% del Corriere di Bologna nella squadra romana di Squinzi assieme ad Andrea Tomat (Confindustria Veneto), Ivan Lobello (Sicilia) e ad Aurelio Regina di Unindustria Lazio.

L’iter per la designazione del nuovo presidente si concluderà il 22 marzo quando i tre saggi nominati a gennaio sottoporranno alla giunta di Confindustria una o più indicazioni dei candidati emersi e il parlamento di viale dell’Astronomia voterà a scrutinio segreto designando così il nuovo presidente degli industriali. Il 19 aprile, in occasione di una riunione straordinaria della Giunta, il presidente designato presenterà la squadra dei vicepresidenti e il programma di attività per il primo biennio di lavoro.

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