Molti lettori hanno seguito e commentato lo scambio fra Aldo Busi e me sul Fatto Quotidiano e sul blog Altriabusi, riguardo all’attacco di Busi contro la riservatezza di Dalla sulla sua vita sentimentale – a Dalla morto.

Ora che un po’ tutti in Italia hanno detto la propria, io aggiungo qui una mia ultima riflessione: se Lucio Dalla, dall’alto della sua immane popolarità, non fa coming out per portare i suoi due centesimi (che magari sarebbero stati duecento, visto l’ascolto di cui godeva a vari livelli, e non solo tra il popolo) alla causa GLBT, chi lo deve fare? Gli adolescenti di 13 anni? Suvvia. Dalla ha fatto malissimo a nascondere la sua vita sentimentale, a nascondere il suo orientamento sessuale, perché lui poteva e doveva alzare un dito e diventare l’Elton John italiano, visto che lo era già su molti altri livelli.

Il punto è che ha deciso di non farlo – e per me ha fatto male lo ripeto – ma la cosa trova legittimità nel suo diritto alla riservatezza. Un diritto alla riservatezza più flebile e discutibile per gli uomini pubblici, come sappiamo dai manuali di diritto, e che tuttavia esiste. E che vogliamo fare, rimproveriamo a Dalla il giorno del suo funerale di non aver fatto coming out? Non direi sia utile, se non a far parlare la stampa di chi ha iniziato la polemica post mortem.

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