Io, Andrea Aparo, sono una persona fortunata. Mi è stata data la possibilità di avere accesso, di raccontare storie, di dialogare con il popolo della Rete. Non sono un egoista, mai stato, e non ho motivo per tenere questo privilegio tutto per me. Mi è stato chiesto se volessi “ospitare” nelle mie righe l’esperienza, l’opinione, i sentimenti, di una persona che non ha voglia di tacere. Ne sono onorato. Sarà lei, Artemisa, a rispondere a commenti e osservazioni su quello che ha scritto. Non io. Non mi sto tirando indietro. Se avrò qualcosa da dire lo farò. Debitamente firmato, ovviamente. Felice lettura.

di Artemisa Bega

Avere 22 anni ed essere nata del sesso “sbagliato” in questo paese, e in altri certamente, presenta numerosi svantaggi. Di vantaggi me ne vengono in mente pochi, invece. Ah già: le quote rosa.
Dunque, tolte le quote rosa, torniamo agli svantaggi. Citarli è inutile e la vita quotidiana di tutti può stilarne un lungo elenco.

Vorrei però raccontare un piccolo episodio successo pochi giorni fa. Di ritorno dalla mia famiglia, dirigendomi a Milano per prepararmi alla ripresa delle lezioni, compio l’incauta azione di usufruire del servizio pubblico e salgo sul bus 91. Un ragazzo sui 30 anni sale con me dopo avermi più e più volte gironzolato intorno avvicinandosi più che poteva.

Una gentile signora mi invita a fare attenzione. Salita sul bus mi metto in un angolo lontano da lui. Piano piano si avvicina. Continua a fissarmi e a cercare di venire a contatto con la mia persona. Il bus è pieno e non mi lamento. Alla fermata di via Farini scende molta gente, c’è spazio, lui non si sposta e mi si appoggia addosso durante la frenata. A questo punto, stufa, lo invito a fare uso degli appositi sostegni durante le frenate e di spostarsi dove c’è spazio. Dice con stizza che deve scendere.

Mi faccio da parte e lo invito a scendere giacché doveva proprio passarmi davanti. Mi dice che scende quando vuole e che sembro una puttana. Io?
Gli intimo a questo punto di scendere e prendo il cellulare per chiamare la polizia. Continua a insultarmi: sono una puttana e devo stare zitta.

Chiamo la polizia. Credo non mi abbiano preso troppo sul serio.
Chiamo il mio fidanzato. Mi dice che d’imbecilli ce ne sono tanti.
Chiamo un’amica. Mi dice che a lei succede ben di peggio.
Mi dicono che non bisogna prendersela per queste cose.

Ah no? E perché?

Per quale motivo non dovrei prendermela? Per quale motivo un individuo deve ledere la mia dignità, offendermi in pubblico, rovinarmi la giornata, fare violenza alla mia persona e farmi piangere per una mezz’ora senza che io abbia fatto nulla, nulla per provocare una sua reazione? Io me la prendo!

Ho subito una violenza. Per cos’altro dovrei prendermela? È necessario essere stuprati o uccisi per indignare qualcuno? Tutte queste piccole, umilianti scene della quotidianità, devo comunque subirle? Darmi della puttana, con la fatica che faccio per essere una persona corretta, non è niente di grave? I romani avrebbero un’espressione molto adatta per esprimere il mio disaccordo.

Sì, la persona in questione è straniera, araba e con la faccia segnata dagli stupefacenti, per giunta. Ecco trovato il problema, tuonerebbe qualsiasi TG: “Siamo invasi dagli stranieri e dai tossicodipendenti”.
Bella scusa ma non vale.

Troppo facile trovare capri espiatori in un paese che sta dimenticando i diritti fondamentali dell’essere umano, il diritto dei suoi cittadini di sentirsi sicuri senza rinunciare alla propria libertà. Esagero? No. Non mi sono mai abituata all’ingiustizia. L’abitudine è terribile quando ci si abitua anche a una vita poco dignitosa.

Già. Ci stiamo abituando a una vita poco dignitosa. Forse è il caso di ricominicare a esagerare. O no?

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