Pensare che la Lega possa allearsi con l’Idv è una “cosa fantasiosa”. E la volontà di Flavio Tosi, di voler fare una lista con il suo nome, appare come una  “inutile impuntatura incomprensibile”. Marco Reguzzoni risponde con disponibilità alle domande. Non si tira indietro neanche quando gli viene chiesto come vive l’ascesa nel partito dell’acerrimo nemico Roberto Maroni. “Quando ho visto che potevo essere un problema ho fatto un passo indietro”, dice l’ex capogruppo a Montecitorio. Ma certo, quando gli si ricorda che il progetto federalista è fallito, tradito dall’ex alleato Silvio Berlusconi, non può che annuire e allargare le braccia. E a Vittorio Feltri che gli fa notare come non si possa invocare al Nord la secessione e poi mostrarsi ben attovagliati ai banchetti romani, Reguzzoni ribatte con uno sguardo di quasi rassegnazione. Come negarlo? Poi certo lo scambio va in scena in una sala privata del Circolo della Stampa milanese, lontano dagli occhi dei militanti e del partito. L’occasione è la presentazione del libro di Reguzzoni, Gente del Nord. Oltre all’ex capogruppo alla Camera, presenti Feltri e l’eurodeputato, ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini. Anche il leader dell’Idv Antonio Di Pietro era stato invitato ma non ha potuto partecipare per un problema di salute e, considerate le recenti polemiche (Massimo Donadi dell’Idv ha paragonato le camicie verdi al fascismo scatenando la reazione del Carroccio),  la sua assenza per Reguzzoni ha rappresentato un problema in meno. Già due giorni fa si era dovuto giustificare: “L’ho invitato perché è un simbolo di Milano”, ha detto.

Nella piccola sala riservata all’evento al Circolo della Stampa milanese c’erano per lo più giornalisti, fotografi e operatori televisivi. Una ventina appena di persone comuni, di cui la metà simpatizzanti o elettori leghisti. Una platea strana per un evento del partito. Solitamente il movimento occupa e segue gli appuntamenti degli uomini del Carroccio. E Reguzzoni è l’ex capogruppo a Montecitorio, già presidente della Provincia di Varese conquistata con il 69,8% delle preferenze. Insomma, mica uno qualunque. Eppure in sala non c’è neanche uno degli oltre venti consiglieri regionali della Lega. Un’assenza vistosa e pesante che, considerati i tempi di guerra interna tra maroniani e bossiani, si traduce in un chiaro messaggio politico: “Anche il fantomatico Cerchio Magico ha abbandonato Reguzzoni”, bofonchiano gli esperti legologhi. E di fatto l’appuntamento della giornata su cui sono state concentrate le truppe è per questa sera a Piacenza, dove è previsto un comizio di Umberto Bossi organizzato all’ultimo minuto. A pochi decine di chilometri, a Cremona, è previsto in concomitanza un comizio di Roberto Maroni. Una “coincidenza” impensabile fino a pochi mesi fa. Segno che non solo il Carroccio è ormai diviso in due ma che stanno prendendo forma due partiti quasi distinti.

Lui non fa una piega. Presenta il suo libro, risponde alle domande, è disponibile.  A partire dall’Idv. “L’unica vicinanza che c’è fra Lega e Idv è che entrambi siamo all’opposizione di questo governo. Siamo vicini anche sul tema della legalità, ma su molti altri siamo distanti anni luce”. L’ex pm di Mani Pulite, ha spiegato, era stato invitato come gli altri relatori per la sua testimonianza dell’ultimo ventennio di storia milanese. Per il momento Reguzzoni ha detto comunque di vedere ancora difficile anche l’alleanza con il Pdl. E ha ricordato la storia della Lega: “Bossi non può né deve condurre una strada lineare, deve schivare i colpi e fare alleanze con chi garantisce” di arrivare all’obiettivo dello Stato federale. Di Pietro ha comunque inviato un messaggio di saluto, promettendo di partecipare a una delle prossime presentazioni del libro di Reguzzoni. Lega e Idv, ha scritto il leader dell’Italia dei Valori, “sono gli unici due partiti presenti in Parlamento che sono nati tra la gente in modo spontaneo, come forza d’opinione, due realtà nuove, che hanno risposto alle istanze del territorio”.

Poi su Tosi. “Non capisco perché debba esserci questa impuntatura, dopodiché deciderà Umberto Bossi”. E aggiunge: “Se è narcistico dire ‘no’ a chi vuole presentare una lista personale, è ancora più narcisistico impuntarsi e fare la lista”. L’ex capogruppo alla Camera ha poi ricordato che per anni Bossi non volle mettere il suo nome sul simbolo elettorale, e che alla fine cedette solo quando Silvio Berlusconi mise il suo. “Fu costretto, ma prima non ha mai voluto metterlo, neanche quando gli elettori potevano confondersi con altri movimenti territoriali”.  Infine l’argomento Maroni, la lite interna. “Io ho sempre lavorato per l’unità della Lega, anche facendo un passo indietro quando era necessario”.

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