E’ iIl giorno che Bologna non voleva, non lo voleva così. Lucio non c’è più e la città perde un pezzo della sua storia artistica, musicale, umana. Sessantamila persone, poi diventatate 80.000, hanno salutato il loro grande poeta durante una lunghissima camera ardente. Una città che ha versato tante lacrime quante ne versò nell’agosto 1980, pochi giorni dopo la strage alla stazione. Gente sconosciuta a Lucio, ma che accompagnati dalla sua musica avevano vissuto i momenti più intensi dell’infanzia, dell’adolescenza, gli amori e delle sconfitte. Lucio c’era, anche nelle parti più strampalate del mondo, bastava un walkman, una musicassetta, e te lo portavi con te. Insieme ai ricordi di momenti che non avresti più vissuto.

E’ anche per questo che Bologna ha vissuto in maniera quasi drammatica quel suo alzarsi dal tavolo della vita e andarsene. Lo avrebbero voluto lì. Al prossimo festival di Sanremo, anche, o al prossimo disco. Non che Lucio avesse più la voce di un tempo. Il Work in  Progress messo in piedi con Francesco De Gregori, il grande assente di questi giorni,  lo teneva in piedi più il principe della canzone che non Lucio. L’inverso di quello che avvenne 30 anni prima con Banana Repubblic, quando il concerto, l’organizzazione, i musicisti, la voce e gli strumenti, erano saldamente nelle mani di Dalla.

Il feretro è entrato nella Basilica di San Petronio attorno alle 14.15. Sono bastati pochi passi da quella camera ardente allestita nel cortile d’onore del Comune di Bologna e visitata da amici, parenti, colleghi e semplici fan di Dalla per entrare nella chiesa simbolo della città. Fuori il silenzioso abbraccio di settantamila persone davanti ai maxischermi. All’interno tutti quelli che nelle ultime 48 ore avevano salutato il feretro: Luca Carboni, Renzo Arbore, Ligabue, Gaetano Curreri, Jovanotti, Renato ZeroRon, Gianni Morandi, Roberto Vecchioni, Pierdavide Carone.


Il vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio è entrato poco dopo Ornella Vanoni, i Pooh, Ricky Gianco, Eros Ramazzotti, Fausto Leali, Shel Shapiro, Gigi D’Alessio, Beppe Servillo, Alessandro Haber. E ancora: i politici (da Vasco Errani, a Filippo Berselli, da Pierdinando Casini a Luca Cordero di montezemelo, il candidato perenne) e la gente comune. Tanta. Quella che ha applaudito dentro e fuori per l’ultima volta Lucio.

Vasco Rossi ha invece fatto arrivare una grande corona di girasoli per quello che lui stesso aveva definito “il nostro capofamiglia“. Sull’omaggio una dedica: “Ciao Lucio, Vasco”. Anche Antonello Venditti ha mandato una corona.

La funzione religiosa è stata officiata dal vicario generale della curia Giovanni Silvagni che ha precisato come Dalla fosse in chiesa davanti a lui proprio sette giorni fa. A leggere le introduzioni all’omelia sono stati Vito Mancuso, il teologo vicinissimo a Dalla, e Benedetto Zacchiroli, consigliere comunale del Pd, amico di Dalla e coordinatore logistico delle esequie nel fare da raccordo tra la famiglia di Dalla e le istituzioni.

Il padre domenicano Bernardo Boschi, che e’ stato confessore di Dalla, ha iniziato l’omelia: “Siamo qui rattristati, ma tu per primo ci diresti: state sereni”. “Tutta Bologna ti vuol bene. Tu hai amato tutti, questo popolo ti capisce, dalle autorità fino agli ultimi che tu hai sempre amato”, ha proseguito Boschi, “Bologna ha perso un figlio vero che rivestiva la città di quella sottile ironia, quella profondità, quella clownesca creatività”.

“In questo mondo assetato di protagonismo, dove tutti parlano e accusano, Lucio ascoltava, non accusava, e poi traduceva in versi meditava. La grandezza che ci lascia è questa”, ha concluso il religioso, “Ron ha parlato di leggerezza. Ecco, bravo Ron, Lucio era proprio l’insostenibile leggerezza dell’essere“. Poi un lunghissimo applauso ha chiuso l’omelia.

Marco Alemanno, il compagno di Lucio, ha raccontato a tutti il suo incontro con Lucio, qualche lustro fa. “Prima ancora che lo conoscessi è entrato nel mio cuore grazie a un disco acquistato da papà. Chi l’avrebbe mai detto che dopo dieci anni l’avrei incontrato”. Una collaborazione prima, poi inseparabili fino all’ultimo giorno. Marco ne ha parlato quasi con imbarazzo, ma ne ha parlato. Ha parlato di lui, di Lucio, del lavoro e di quello che Lucio ha rappresentato nella sua vita. Accanto a Marco un’altra persona che per Lucio è stata più importante delle altre: Rosalino Cellammare, in arte Ron. Son0 stati loro ad accompagnare il feretro dentro la basilica, sempre loro che lo hanno portato fuori, insieme a un cugino di Lucio, l’unico con il quale il cantautore ha avuto rapporti più stretti: per un breve periodo gli fece anche da autista.

Poi c’è stata l’uscita dalla chiesta. Ed è stata un continuo brivido. Prima il silenzio, quasi surreale e rispettoso. Poi un lungo applauso durato fino a quando  il feretro non è stato caricato sul carro funebre per raggiungere  il cimitero della Certosa.

Qualche taxi ha già esposto la calcomania: non preoccupatevi, arriva il secondo tempo. Chiusi i musei e bloccato il traffico nelle vie principali. Gli ultimi funerali di questa portata la curia bolognese li riservò a Giuseppe Dossetti, uno che ha fatto la storia d’Italia. Prima ancora solo alle vittime della strage alla srtazione dell’agosto 1980. Forse tanta gente non si vedeva da allora. Ma a pensarci bene – anche se nessuno se lo aspettava – è stato giusto così. Bologna da oggi non sarà più la stessa, né dentro né fuoriporta.

d.t.

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