Accompagnato da una gran folla di chavisti osannanti, Hugo Chávez è partito venerdì alla volta di Cuba dove, per la seconda volta, verrà operato. Le sue condizioni di salute e la natura del “cancro nella regione pelvica” che l’ha colpito restano, notoriamente, un segreto di Stato. Ma la coreografia della partenza (ricca di elementi religiosi, a cominciare da un’immagine di Cristo in bella mostra sul parabrezza dell’auto presidenziale) e, soprattutto, il discorso di Chávez – dal medesimo Chávez concluso con un “Viva Chávez!” che a prima vista sembra soltanto uno dei suoi molti e non di rado grotteschi momenti d’auto-incensamento – hanno tuttavia inequivocabilmente testimoniato l’inizio (o, per meglio dire la furiosa accelerazione) d’un ormai non più dissimulato processo di beatificazione. Come – a suo modo con molta efficacia – ha spiegato ieri in un editoriale televisivo (clicca qui per vedere il video) Miguel Ángel Pérez Pirela, uno dei più prostrati e “mistici” (Minzolini è, a suo confronto, un laico ed un dilettante) tra i giornalisti che, dagli schermi di VTV (uno dei canali di Stato) cantano abitualmente le lodi del gran capo.

Chávez, ci fa sapere un Pirela in stato di religioso rapimento, ha gridato “viva Chávez!” perché ormai trascende la propria dimensione fisica. Anzi: perché ormai trascende le “dimensioni spazio-temporali” di se stesso, del suo popolo e, presumibilmente, anche della Storia. Insomma, perché ormai altro non è che puro spirito, una divinità, un’idea destinata a vivere in eterno, oltre le effimere miserie di questa valle di lacrime. E come tale – sia quel che sia della sua (ormai superflua) dimensione fisica – Egli (inevitabile la maiuscola) sarà presente (e presente per vincere) nelle elezioni del 7 di ottobre. Santo subito, dunque. O, ancor meglio: santo prima (prima ovviamente d’essere – come vuole una frase fatta universalmente usata, ma particolarmente adeguata per beati, o beatificandi – passato a miglior vita). Por si a caso, giusto in caso che qualcosa non vada per il verso giusto nella sala operatoria dell’Avana o nel decorso post-operatorio….

Che dire? Credo che ad ogni persona sensata (e particolarmente ad ogni persona sensata di sinistra) non resti, a questo punto, che unirsi al coro di quanti (amici e nemici) si augurano che i tre Hugo Chávez in carne ed ossa – l’uomo, il presidente in carica ed il candidato – ritornino tutti perfettamente guariti ed in splendida forma da Cuba. Guariti anche, se possibile (ma su questo sono, lo confesso, del tutto pessimista), da quella terribile malattia (un tempo frutto dell’infantilismo, oggi della decadenza senile) che va sotto il nome di “culto della personalità”. Come si direbbe a Genova: “Emmo za daeto”. La sinistra (quella comunista in particolare) ha, in questo campo, già dato molto più di quel che avrebbe dovuto. Non sono necessarie repliche. Specie se in forma di caricatura…

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