Strano paese il nostro: le donne sono rappresentate ai piani alti peggio che nel Ruanda e Burundi, vengono ammazzate di botte con preoccupante frequenza, guadagnano un terzo in meno degli uomini, sono trattate da oggetti del desiderio altrui finché sono giovani, da merce scaduta quando non lo sono più. Eppure: è una donna il segretario del sindacato più influente. È una donna il presidente di Confindustria. È una donna il ministro del Lavoro. Ed è una donna il ministro più ricco del governo Monti: l’avvocato Severino, la cui denuncia dei redditi dichiara di devolvere allo Stato più di metà di quello che guadagna (dovrebbe essere ovvio, ma qui da noi odora di santità).

Diventare ricchi onestamente non è facile, in un Paese che premia opportunisti, nepotisti e lobbisti, la nutrita plebe dei mediocri, che senza qualche aiutino non ce la farebbe mai. Diventare ricchi onestamente essendo donne, è ancora più difficile. Ma va bene.

Sono i comunisti macchietta della propaganda berlusconiana, quelli che invidiano i privilegiati. I comunisti democratici sognano che chi ha di più (opportunità, talento, energia, fortuna, quattrini) soccorra chi ha di meno. Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni. Piccole utopie marxiane. Dure a morire.

Il Fatto Quotidiano, 24 Febbraio 2012

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