Europa e crisi. Ma soprattutto Rai, giustizia e lavoro. Questi i temi al centro della colazione di lavoro tenutasi ieri tra il premier Mario Monti e il suo predecessore Silvio Berlusconi, con quest’ultimo accompagnato da una delegazione composta dal segretario del Pdl Angelino Alfano e dall’onnipresente Gianni Letta. Al termine dell’incontro, bocche cucite e tanta pretattica. Eppure i particolari della riunione sono trapelati ugualmente. In estrema sintesi, il Cavaliere avrebbe ‘garanzie’ al capo del governo su alcune questioni. Innanzitutto sulla televisione pubblica. A fine marzo, infatti, scade il mandato triennale del consiglio di amministrazione di viale Mazzini e Berlusconi vuole avere assicurazioni sulle nomine che spettano al governo. In tal senso, il padre del Pdl vorrebbe ‘metterci bocca’ o almeno avere una sorta di ‘ricompensa’ per il fatto di aver sostenuto sin qui l’operato di Monti. Una richiesta per due nomi: quello dell’attuale dg Lorenza Lei (il desiderio è una riconferma nel nuovo cda) e quello del futuro presidente della tv pubblica, su cui ci sarà da discutere.

Stesso discorso per quanto riguarda la riforma della giustizia, al cui interno Berlusconi vorrebbe fosse inserito almeno uno dei suoi mantra, ovvero quello della separazione delle carriere. La questione, tuttavia, non è mai entrata nel novero delle ipotesi prospettate dal Guardasigilli Paola Severino, motivo per cui il Cavaliere ha chiesto una correzione di rotta all’esecutivo, che invece sarà sostenuto senza se e senza ma per quanto riguarda la rivoluzione del mercato del lavoro. Il Pdl, infatti, ha garantito a Mario Monti un appoggio ampio e incondizionato, quasi una delega in bianco sull’azione del governo, specie se questo metterà a punto una riforma non condizionata dalle barriere dei sindacati e dall’articolo 18, che rende ancor più rigido il mondo del lavoro in uscita. La speranza del Cavaliere, del resto, è un cambiamento del sistema lavorativo che metta in grande difficoltà la sinistra parlamentare, tanto da creare spaccature e divisioni all’interno del vecchio avversario: il Partito democratico di Pier Luigi Bersani.

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