Applausi, sorrisi e battimani. Ieri la visita di Mario Monti in Borsa è stata sommersa dal mare di melassa sparsa da banchieri e top manager delle grandi aziende nazionali corsi a Piazza Affari per incontrare il presidente del Consiglio. L’evento è stato preceduto e seguito dal consueto bla bla delle grandi (grandi?) occasioni. Un gran parlare di innovazione, sviluppo, competitività, con gli interlocutori del premier bene attenti a far trapelare la loro fiducia nell’azione del governo.

Belle parole. Certo il contesto stonava un po’. L’intervento di Monti è stato ospitato dalla Borsa italiana. Italiana per modo di dire, visto che da anni il listino di Milano è gestito dallo Stock Exchange di Londra. E questo sarebbe il meno. Il problema vero è che le aziende preferiscono girare al largo da Piazza Affari. Il numero delle nuove quotazioni è di molto inferiore a quello delle società che lasciano il listino.

Difficile, a questo punto, vedere nella Borsa un motore di sviluppo del’economia italiana. Per ricordare questo concetto a Monti c’è voluto l’intervento dell’ex agente di cambio Urbano Aletti. Parole amare tra tanta melassa.

Il Fatto Quotidiano, 21 Febbraio 2012

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