Quando l’establishment ex Pci sgarrettò Sansa, sindaco uscente di Genova, la sentenza gli venne comunicata per strada: “Vedi quel Tir che passa? Se vogliamo, nominiamo l’autista al tuo posto”. Il trionfo alle primarie dell’outsider Marco Doria segna la fine di tale tracotanza. La chance del candidato esterno alla nomenclatura si fondava sull’abbassamento del numero dei votanti.

E così è stato: rispetto alla consultazione 2007, si è ridotto da 35 a meno di 24 mila. Ciò significa due cose: la perdita di controllo sociale della partitocrazia (i seguaci del Governatore Burlando, schierati in massa per l’organica senatrice Roberta Pinotti); il liquefarsi delle antiche reti d’appartenenza, grazie a cui Marta Vincenzi ottenne successi a ripetizione. Vittoria dell’antipolitica? Per favore!
Semmai la cieca convinzione che i bacini elettorali del passato (le periferie disagiate) fossero acquisiti per sempre; che la spregiudicatezza potesse surrogare antiche identità. Ma c’è un altro sconfitto: il sistema dell’informazione locale, embedded nel raccontare realtà inesistenti: i futuri radiosi della città guidata da élite illuminate.

Salvo risvegliarsi davanti a catastrofi e scandali; mai preventivati, sempre narrati come episodi e non sintomi sistemici. Insomma, quello che emerge è un bisogno di verità. Saprà essere all’altezza del compito Marco Doria, che ha lucrato della saldatura tra gli abbienti delusi e l’indignazione delle marginalità tradite? Quanto la “strana” aggregazione terrà, in una città conservatrice per Dna? Il senatore Enrico Musso, ex PdL, è in agguato.

Il Fatto Quotidiano, 14 Febbraio 2012

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