Fa una certa impressione, eppure la pena di morte nella Città del Vaticano è stata definitivamente cancellata solo undici anni fa, il 12 febbraio 2001. Giuridicamente legittima fino al pontificato di Woytila, la pena capitale uscirà infatti per sempre dalle mura vaticane solo con la revisione della “Legge Fondamentale”, l’equivalente della nostra Costituzione, firmata da Giovanni Paolo II.

Pur nonessendo mai stata applicata, val la pena di ricordare che la pena di morte nello Stato del Vaticano, prevista solo in caso di tentato omicidio del papa, appariva perfettamente legale dalla firma del Concordato al ’67, anno in cui, de facto, ma non de jure, Paolo VI provvedeva a renderla nulla. In ritardo di 20 anni rispetto alla legislazione italiana.

Del resto, in fatto di condanne in nome di Dio, la Chiesa aveva una solida tradizione, se si pensa che, tra impiccagioni e taglio della testa, lo Stato Pontificio, tra il 1796 e il 1870, era arrivato al record di 527 esecuzioni, un vero primato per Mastro Titta, “il boia di Roma”. Iniziate col cappio e lo squartamento di Nicola Gentilucci in quel di Foligno e finite con la decapitazione di tale Agatino Bellomo. L’ultima ghigliottina dello Stato Pontificio.

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