Sono nato nel 1952; mio nonno e mio padre avevano un posto fisso che avrebbero mantenuto sino al loro pensionamento. Mi sono laureato nel 1978, in tempo per non essere uno sfigato, quando mio nonno era in pensione da 15 anni, essendoci andato a 62, mentre mio padre lavorava e avrebbe continuato nello stesso posto, fino ai 60; nello stesso anno emigrai per lavorare a Milano, dove vivo tuttora. Non mi definirei un bamboccione attaccato alle gonne della mamma, come il ministro Cancellieri lascia intendere siano i giovani di oggi.

Da allora, nonostante esistessero già lo Statuto dei lavoratori e l’articolo 18, cambiai 7 posti di lavoro, trasferendomi se necessario mentre la famiglia rimaneva a Milano; non penso mi si possa considerare un affezionato del monotono posto fisso. Quando ebbi un lavoro sufficientemente retribuito e qualche risparmio per pensare all’acquisto di una casa chiesi e ottenni un mutuo che mi ripagai col mio lavoro; non penso mi si possa definire quindi neppure un dipendente dal welfare dei genitori. Ho versato per 37 anni contributi pensionistici serviti a erogare le pensioni di chi mi aveva preceduto nel mondo del lavoro, comprese quelle di chi era andato con 14 anni 6 mesi e un giorno di contributi; non mi pare perciò che mi si possa ritenere un parassita che ha vissuto o vuole vivere alle spalle degli altri.

Sono nelle mie condizioni moltissimi miei coetanei o quasi, che hanno fatto la stessa trafila, io e loro abbiamo fatto nella vita grosso modo tutto ciò che Monti, Fornero, Cancellieri vogliono imporre a tutti per legge. Però, mentre noi abbiamo avuto la fortuna di cercare e trovare posti di lavoro diversi, di esserrci resi autonomi economicamente, di aver potuto contribuire (anche pesantemente) da cittadini al welfare dello Stato, di non aver avuto bisogno dell’articolo 18, di esserci fatta autonomamente la nostra strada e di arrivare anche a maturare i requisiti per la pensione (che poi magari ci negheranno, ma questa è altra storia) ci sono soggetti che, per come va la vita, per come sono nati o anche per qualche lacuna, hanno bisogno di protezioni; una società che manda a perdere i deboli, quelli nati senza le pari opportunità, coloro che magari si perdono per strada, è una società del cinismo, della separazione dell’uno dall’altro, dell’incomunicabilità.

Rispetto a quando ho cominciato io, il lavoro è diventato precario anche se l’art. 18 esiste ancora, l’età della pensione è aumentata moltissimo, lo Stato ha diminuito la sua presenza con le dismissioni, ma ciononostante si va a rotoli per il debito che è cresciuto enormemente. Sono quindi veramente l’articolo 18, il sistema pensionistico (che era stato messo in ordine), l’attitudine delle persone, gli ammortizzatori sociali, ciò che ha affossato l’Italia e che deve essere rimosso a tutti i costi, a colpi di Fornero?

Vogliamo una società nella quale a fronte di opportunità impari si abbiano regole ritagliate sulle necessità delle persone più fortunate o magari più abili? Dove chi non riesce a tenere il passo, per nascita, per circostanze o anche per lacune, sia lasciato a terra? Ma davvero crediamo che essere figli di Monti o Fornero non comporti alla nascita un vantaggio rispetto alla media della popolazione? La mia risposta è no; perciò penso che occorra cominciare seriamente a spuntare le armi a chi accumula ricchezza oltre il dovuto e il necessario, a chi specula sulla vita di milioni di persone, a chi vuol trarre dall’organizzazione della società solo vantaggi, rifiutando di dare contributi quando servono, a chi forte di opportunità avute per nascita guarda sdegnosamente a chi quelle opportunità deve sudarsele e talvolta non ce la fa.

E quindi credo che la de-indicizzazione delle pensioni, la riforma delle stesse senza maniera, la possibile eliminazione degli ammortizzatori sociali, l’aumento del precariato, siano sbagliate, completamente sbagliate e che invece occorrano una lotta spietata all’evasione fiscale, sistemi che premino gli imprenditori che investono e penalizzino pesantemente coloro che con i sussidi dello Stato e utilizzando gli ammortizzatori chiudono le aziende per riaprirle altrove, regole che impediscano alle banche di finanziarsi all’1% dalla BCE e chiedere interessi del 7, 8, 9% agli imprenditori, il coraggio di spiegare all’Europa che se crolliamo noi anche la Germania ha un danno enorme e che tirando loro la corda, forse la tentazione di mollare diventa fortissima. E magari convincere i tedeschi e i francesi che stampare un po’ di euro causa inflazione e riduce un po’ il tenore di vita di tutti, ma magari pianta un po’ di paletti di fronte alla speculazione finanziaria e gli toglie la voglia, dopo essersi inghiottite Grecia, Italia e Spagna, di provarci magari anche con loro. Certo è che banchieri ed economisti mercatisti non lo faranno mai.

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