Quando ero bambino e vivevo in Liguria, ricordo che non era poi tanto inusuale vedere cadere i fiocchi di neve. Rimembro come in un film il mio viso incantato col naso appiccicato al vetro della finestra: la neve era fiabesca. Le dedicai anche una poesia. E la gente mica si lamentava quando cadeva. Memore del suo essere contadino, la riteneva un fenomeno naturale.

Ero già grande e la neve cominciava a scarseggiare. Una volta che giravo in auto e aveva cominciato a nevicare, fui tanto stupito e tanto attratto da quei candidi fiocchi che andai a sbattere contro l’auto che mi precedeva. Oggi, la neve è diventata ancor più una rarità. Eppure quando cade, senti la gente intorno a te nel tuo abitato che afferma senza rendersi conto del ridicolo in cui cade: “Scenda pure la neve (se proprio deve…), ma non qui in città, che crea solo disagio”.

Così come la pioggia. Ahi, che fastidio la pioggia, le auto che ti inzaccherano, l’ombrello, l’umidità che ti entra dentro, uffa…

L’uomo sta sempre più perdendo il contatto con la realtà. E sempre più è dissociato dalla natura, da quello che sarebbe il ciclo naturale, e che sempre meno lo è, per colpa esclusivamente sua.

Un animale che vivesse immerso nella natura sentirebbe sulla sua pelle che le cose stanno cambiando: in peggio. Che non è normale che non piova più con regolarità, che d’inverno non scendano più i fiocchi di neve come una volta. Che i campi soffrono senza quella benefica copertura bianca.

L’uomo, no, dissociato da tutto questo, bada solo al disagio che le sempre più scarse precipitazioni comportano. Vorrebbe vivere in una eterna Dubai. Magari però con l’indoor ski resort

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