Il finanziamento pubblico ai partiti va azzerato.

Se non lo farà il Parlamento, a ottobre torneremo a dare la parola agli italiani con un referendum totalmente abrogativo, come quello che vincemmo nel 1993 con il 90,3% di favorevoli.

Dal 1994 i partiti hanno incassato 2,7 miliardi di euro pur avendo dichiarato spese elettorali per 700 milioni. La truffa dei rimborsi elettorali ha fruttato, quindi, un bottino di 2 miliardi di euro, servito per tenere in vita gli apparati e alimentare le clientele. Che poi ci scappi anche una appropriazione indebita – vedremo se davvero solo per scopi individuali – mi pare il minimo. E per favore non parliamo di mela marcia, visto che Lusi era per tutti un eroe quando nel 2010 mise la faccia presentando il solito emendamento per condonare le multe per oltre 100 milioni di euro che i partiti avevano preso per affissioni illegali.

È ora di stabilire un principio chiaro: non un euro pubblico alle strutture dei partiti, che devono essere autofinanziate in modo trasparente dagli iscritti e dai simpatizzanti.

Quello che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini, non solo ai partiti, sono i servizi e quanto necessario per “fare politica”, ad esempio la disponibilità di luoghi per assemblee, di autenticatori per le raccolte firme, di opportunità per far conoscere e pubblicizzare iniziative politiche.

Se un partito è finanziato dallo Stato non avrà alcun interesse a conquistare il consenso degli iscritti, tanto l’apparato è pagato dalle nostre tasse e i voti si fanno con la televisione (che è in realtà il finanziamento indiretto più importante, pensate al valore commerciale di tutti quelle ore in tv). Prendiamo il Partito Democratico, caso paradigmatico di frattura tra i vertici e la base che ne contesta le politiche. Ogni anno riceve quasi 60 milioni di euro dallo Stato, di fatto ne diventa una componente e non c’è girotondo che tenga. Discorso simile per molti altri, compresa la Lega che ne incassa circa 16 milioni l’anno e l’Italia dei Valori che ne prende quasi 12 milioni.

La statalizzazione dei partiti, il loro essere parte integrante del regime è tipico dei fascismi e dei comunismi: li c’era “il Partito”, qui da noi “i Partiti”.

Si obietta: ma se i partiti non li finanzia lo Stato la politica finirà in mano ai ricchi e alle industrie. Obama ha dimostrato il contrario: ha vinto le elezioni perché ha raccolto su internet oltre 500 milioni di dollari grazie a microdonazioni inferiori ai 100 euro, stracciando i repubblicani finanziati dal complesso militare e industriale. Non è un caso che negli Usa il dibattito oggi sia tra chi vuole togliere alle società la possibilità di finanziare i candidati e chi invece difende questa possibilità. Io tifo per i primi, perché a votare ci vanno le persone fisiche, non quelle giuridiche.

In Italia il regime dei partiti ha sempre ostacolato i cittadini quando si organizzavano da soli, sabotando gli strumenti di democrazia diretta primo tra tutti il referendum.

Ora che l’ennesimo scandalo ha riportato il tema nell’interesse dei media italiani, si apra finalmente quel confronto pubblico che è stato sinora impedito. Pochi sanno, ad esempio, che un referendum abrogativo il Partito Radicale lo propose già nel 1978 e che si perse (i favorevoli si fermarono al 43,6%) grazie alla mobilitazione delle regioni rosse voluta dal Pci perché “altrimenti i partiti saranno costretti a rubare”. Si è vista come è andata poi…

Bene dunque che Il Fatto abbia raccolto la sfida sulla base di proposte concrete, che devono tener conto di un fattore: l’articolo 49 della Costituzione, secondo cui “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale “, non è mai stato attuato. Dovunque trovate probiviri, divieto di doppia tessera e roba simile (non da noi ma si sa, siamo un po’ strani).

Insomma, quale leggi vorrei? Eccola:

  1. Non un euro alle strutture dei partiti, in nessuna forma

  2. I partiti possono essere finanziati esclusivamente da cittadini, non dalle società

  3. Lo Stato offre i servizi (ai cittadini, non solo ai partiti) per fare politica: luoghi per assemblee, autenticatori gratis per le raccolta firme, conoscenza e pubblicità delle iniziative politiche

  4. Un ordinamento democratico per i partiti, come prevede l’articolo 49 della Costituzione

La farà questo Parlamento? Non credo, quindi prepariamoci al Referendum.

E intanto, però, pagassero le multe per i manifesti illegali, i soldi li hanno.

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