Diciassette anni, 2 mesi e 2 giorni di carcere per Marino Occhipinti, l’ex poliziotto che faceva parte della banda della Uno bianca e che è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della guardia giurata Carlo Beccari, 26 anni, ucciso nell’assalto alla Coop di Casalecchio di Reno il 19 febbraio 1988. Tanto è durata la sua reclusione prima dell’accesso effettivo al regime di semilibertà, che durante il giorno gli consente da lunedì scorso di lasciare l’istituto di pena padovano Due Palazzi per andare a lavorare per una cooperativa sociale, la Giotto.

Regime la cui richiesta era stata resa pubblica lo scorso 3 gennaio, alla vigilia dell’eccidio del Pilastro del 1991, quando vennero sterminati 3 carabinieri di una ventina d’anni ciascuno sempre da parte della banda (Occhipinti non partecipò però a quel crimine, commesso dai suoi complici, i tre fratelli Savi, Roberto, Fabio e Alberto). Accolta una settimana più tardi dal tribunale di sorveglianza di Venezia, la semilibertà si è concretizzata lo scorso 31 gennaio, quando l’ex poliziotto della sezione narcotici di Bologna alle 7.30 è saluto sulla navetta della cooperativa Giotto.

È rientrato alle 20, dopo aver concluso la sua prima giornata da semilibero assistendo a una funzione religiosa. Per il resto del tempo, prima del ritorno nel carcere Due Palazzi, ha svolto mansioni che devono ormai essergli abituali, dato che con la Giotto ha iniziato a collaborare nel 2001. Prima aveva costruito manichini che sarebbero stati esposti in atelier di moda, dopodiché era stato assegnato a compiti di telemarketing e relazioni telefoniche con i clienti, poi al Cup dell’Usl 16 e infine aveva prestato servizio come centralinista.

E sulla tappa religiosa dell’ergastolano, questa farebbe parte di un percorso che già gli aveva fruttato un precedente permesso premio per partecipare nel 2010 a una via crucis in un comune dell’hinterland padovano. Ma non era stata l’unica uscita dal carcere temporanea. Ce n’erano state altre, a partire dal 31 maggio 2010, per la malattia del padre, morto poco più di un anno fa. Dopo aver trascorso 3 giorni a Santa Sofia per i funerali, Occhipinti aveva preso carta e penna per rivolgersi a Flavio Foietta, il sindaco di Santa Sofia, suo paese d’origine in provincia di Forlì.

“Dopo tutto quello che è successo, mi riferisco alla mia vicenda giudiziaria”, aveva scritto l’ergastolano, “ero assolutamente sicuro che non sarei mai più tornato. [Ma] le parole di ringraziamento per come il paese di Santa Sofia ha saputo riaccogliermi – circostanza per niente scontata – che ho espresso in occasione delle esequie del mio babbo sono davvero sentite. Sono rimasto colpito quanto lei è venuto a porgere le condoglianze a me e a mia mamma”.

Qualche giorno dopo, il 29 gennaio, il sindaco Foietta aveva risposto pubblicamente a Occhipinti. “Crediamo […] nella ‘redenzione’ degli uomini”, aveva scritto il primo cittadino del comune del forlivese, “e Marino ha iniziato il percorso di riacquisizione della sua dignità e per questo merita il nostro plauso. Molti santasofiesi, amici e conoscenti, lo hanno già accolto con affetto. Auspichiamo un suo completo e totale rientro nella nostra comunità”.

Questo scambio di battute, un anno prima dalla semilibertà concessa a Occhipinti, aveva provocato un terremoto politico nel comune romagnolo. Il circolo locale di Sel aveva espresso “rammarico” per le parole di Foietta. “La redenzione di un colpevole”, era stato il fulcro della protesta, “è un fatto privato e come tale dovrebbe essere trattato. Enorme e incancellabile è invece la tragedia pubblica della Uno bianca che purtroppo è anche una tragedia privata e indimenticabile per le famiglie che subirono quei tragici eventi”.

Più o meno sono i toni che si sono ripetuti un mese fa, quando è giunta la notizia della concessione della semilibertà. E ancora una volta i familiari delle vittime (24 morti e 102 feriti mietuti in 102 azioni criminali, tra il 1987 e il 1994, che hanno fruttato alla banda poco più di 2 miliardi di vecchie lire) erano tornati a dire a prendere parola per voce della loro presidentessa, Rosanna Zecchi: “Occhipinti ha ucciso perché non si va a fare una rapina con un fucile a pompa e poi lo consideriamo complice dei fatti di sangue avvenuti nei 6 anni successivi dato che è stato zitto, non ha denunciato ciò che gli altri componenti della banda stavano facendo. Quando mi hanno detto che aveva chiesto davvero i benefici di legge non ci credevo. Ho pensato ‘non è vero, non glieli danno’. Invece è accaduto. I politicanti dicono di voler aprire le carceri e se cominciano con lui…”.

di Antonella Beccaria

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