Alla fine ha deciso di restituire il milione di sterline di bonus. Era sulla graticola da giorni, Stephen Hester, amministratore delegato della Royal Bank of Scotland. La sua foto era ormai l’appuntamento fisso sulle prime pagine, parafulmine e catalizzatore della protesta contro l’avidità senza fine dei banchieri, la rapacità della City e i guadagni smodati dell’alta finanza. Come poteva il capo di una delle principali banche britanniche, salvata dalla bancarotta nel 2008 grazie a una nazionalizzazione da 45 miliardi di sterline, incassare tanti soldi mentre alla nazione si chiede di tirar la cinghia?

Messo alla berlina, Hester ha deciso che era meglio rinunciare al milione. Ha solo commentato: “Stavo diventando un paria agli occhi dei miei connazionali”. Ed Miliband, capo dell’opposizione socialista, gongola per la vittoria politica (dimenticando che fu il governo socialista ad approvare il contratto di Hester). Il premier David Cameron fa il pesce in barile (la metà dei finanziamenti dei conservatori viene dalla City), dicendo che accettare il bonus è un problema individuale.

Appurato che un milione per gente come Hester sono noccioline, c’è da chiarire se questo gesto è l’inizio di una nuova era di capitalismo etico che remunera il rischio e i risultati, ma punisce chi fa perdere soldi e posti di lavoro? Oppure è semplicemente che Hester si è fatto due conti in tasca e, come scrivono alcuni giornali, rinunciare al milione lo porterà a incassare più avanti bonus variabili tra gli 8 e i 32 milioni di sterline? Ah, saperlo.
Rimane la constatazione che in Italia non s’è ancora visto un manager statale che abbia restituito una parte del compenso perché i suoi risultati sono stati cattivi. Altro che gogna, in genere i peggiori li promuovono. E talvolta diventano sottosegretari o ministri.

Il Fatto Quotidiano, 31 Gennaio 2012

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