Questo il titolo. L’autore era Roger Cohen. Il giorno era il 17 gennaio 2012. Il giornale era International Herald Tribune. Bibi è Benjamin Netanyahu. Cosa non dovrebbe fare Bibi?

Attaccare l’Iran. Ma non per sempre, per carità: non farlo “questa primavera o questa estate”. Cioè non farlo prima che Barack Obama venga rieletto trionfalmente presidente degli Stati Uniti d’America. Poi l’attacco lo faremo insieme, oppure lo promuoverà direttamente il Premio Nobel per la pace, e Bibi, contento, non avrà che da associarsi all’impresa. Insomma, Bibi, abbi pazienza!

Quando scrissi che l’attacco all’Iran era imminente, si levò un coro di proteste. Del tipo: il solito complottista, il solito antiamericano.

Sabato 28 gennaio International Herald Tribune pubblica una ampio articolo a firma Roney Bergman, con il titolo: “Il tempo della decisione si avvicina per Israele a proposito della minaccia iraniana”. Roney Bergman non teme di essere definito complottista e pubblica, sul quotidiano Yedioth Ahronoth, una meticolosa descrizione di ciò che sta per accadere attraverso le vive emozioni del ministro della Difesa israeliano Ehud Barak.

Non senza avere elencato, altrettanto meticolosamente, tutti i tentativi fatti dal Bibi per evitare che l’Iran si doti dell’arma nucleare. Tra questi tentativi vengono ricordati gli attentato terroristici con cui il Mossad ha ucciso un discreto numero di scienziati atomici e dirigenti politici e militari iraniani, in territorio iraniano. Naturalmente Bergman non dice che è stato il Mossad. Dice che i fanatici ajatollah accusano il Mossad di avere organizzato gli atti terroristici. Ma noi sappiamo che Bruto è un uomo d’onore e mai e poi mai nutriremmo tali sospetti.

L’elenco è questo: Gennaio 2007. Ardeshir Husseinpur, 44 anni, scienziato che lavorava nell’impianto di Isfahan, muore “per una fuga di gas”.

Gennaio 2010. Massoud Alì Mohammadi, fisico delle particelle, salta in aria quando una bici, parcheggiata vicino alla sua auto, esplode.

29 Novembre 2010. Due alti dirigenti del programma nucleare iraniano, Majid Shariari Fereydoun Abbasi-Davani vengono attaccati da due motociclisti in pieno centro di Teheran. Il secondo e sua moglie si salvano prima dell’esplosione. Abbasi-Davani era vice-presidente dell’Iran e capo del progetto nucleare.

Luglio 2011. Darioush Rezaei Nejad, fisico nucleare che lavorava nell’agenzia atomica iraniana, viene sparato da un altro motociclista mentre guidava l’auto vicino alla sua casa.

Novembre 2011. Una enorme esplosione si verifica a 50 km da Teheran, nella sede delle Guardie Rivoluzionarie. Muore il brigadiere generale Hassan Moghaddam (capo della divisione missilistica) insieme a 16 militari.

11 Gennaio 2012. E’ la volta di Mostafa Ahmadi-Roshan, vice direttore dello stabilimento di arricchimento dell’uranio di Natanz, il quale salta in aria per una mina magnetica attaccata alla carrozzeria della sua auto.

Questo è quanto riferisce Roney Bergman. Il quale assegna il merito di questa serie di eroici atti di difesa della pace a Meir Dagan, capo del Mossad, incaricato a questa bisogna dall’allora premier Ariel Sharon. Dagan, intervistato da Bergman, pare abbia debolmente negato di saperne qualche cosa, non senza avere commentato il suo moderato entusiasmo per il fatto che fossero stati in tal modo “rimossi alcuni importanti cervelli”.

Ma il programma nucleare iraniano non è stato fermato. Peraltro (torno a Roger Cohen, citato all’inizio), non è detto che Bibi abbia molto voglia di vedere confermato alla presidenza Usa il signor Obama. Una bella guerra, in piena campagna elettorale, potrebbe favorire uno dei candidati repubblicani che, tra una tazza di tè e l’altra, sognano la guerra.

Allora che succederà? Affidiamoci, per la risposta, allo stesso giornalista israeliano dello Yedioth Ahronot (così spero che nessuno dei miei lettori possa accusarmi di avere forzato il senso delle cose): “Dopo avere parlato con molti dei più importanti dirigenti e capi dell’esercito e dell’intelligence israeliani, sono giunto a credere che Israele attaccherà davvero l’Iran nel 2012. Forse, nella piccola finestra rimasta, che, peraltro, si sta restringendo, gli Stati Uniti decideranno di intervenire, dopo tutto, ma dal punto di vista di Israele non c’è molta speranza in questa direzione”.

Dunque prepariamoci alla guerra. E, per favore, non illudiamoci che sia breve e che noi ne resteremo fuori.

Articolo Precedente

Guatemala, Rios Montt alla sbarra
per il genocidio degli indigeni maya

next
Articolo Successivo

Londra, si scalda la corsa per l’elezione
a sindaco. “Livingstone sta recuperando”

next