”Noi non conosciamo questo Gagliano che è stato arrestato. Non si può dire che sia dei forconi”. Il giorno dopo il suo arresto, il movimento dei Forconi siciliani già prende le distanze da uno dei principali promotori delle proteste che nei giorni scorsi hanno paralizzato la sicilia. Si chiama Carmelo Gagliano, ed è un autotrasportatore di Marsala accusato di essere legato alla mafia siciliana e alla camorra casalese. Così, dopo aver attaccato Ivan Lo Bello, il presidente degli industriali siciliani che ha denunciato i tentativi di infiltrazione della mafia nel movimento, i Forconi dell’isola sono costretti quantomeno a rivedere le loro posizioni.

“Probabilmente – dice oggi Mariano Ferro, uno dei leader del movimento – le dichiarazioni di Lo Bello sulle infiltrazioni mafiose che intendevano metterci in guardia sono condivisibili. E comunque, è impossibile fare una schedatura di chi partecipa liberamente alle manifestazioni”. Eppure, è altrettanto difficile credere che i trasportatori siciliani – e non solo – davvero non conoscessero Gagliano e la sua Afm (Auto Frigo Marsala), i cui tir da anni attraversano in lungo e in largo l’Italia per conto di aziende del calibro di Amadori, Bartolini, Sammontana, Arena. Anche perché è da novembre che Gagliano è finito nell’occhio del ciclone. Da quando, cioè, il gip Pasqualina Paola Laviano aveva emesso per la prima volta l’ordinanza di custodia cautelare che ieri lo ha portato in carcere.

Allora, il Tribunale del Riesame annullò il provvedimento per vizi di forma: il giudice per le indagini preliminari si era limitato a copiare e incollare la richiesta presentata dalla Procura senza valutare gli elementi di prova. Stavolta le cose sono andate diversamente e Gagliano è finito in carcere insieme ad altri cinque con l’accusa di aver messo a disposizione il parco automezzi della sua azienda ai fratelli Sfraga (legati a Riina e Messina Denaro) in Sicilia, e a Costantino Pagano, prestanome degli Schiavone e titolare della ditta “La Paganese”, in Campania. Un accordo, questo, raccontato agli inquirenti dal collaboratore di giustizia Gianluca Costa, molto vicino a Pagano, che ha svelato ai pm tempi e modi dell’intesa che aveva portato mafia e camorra ad avere il monopolio del trasporto su gomma nel sud Italia e il controllo di buona parte del mercato ortofrutticolo italiano.

Ed è proprio dalla testimonianza di Costa che emerge il legame tra la criminalità organizzata e Afm: “I termini della collaborazione con la ditta siciliana – si legge nell’ordinanza – si spiegavano proprio in ragione dell’accordo camorristico mafioso intervenuto tra il clan campano e Cosa Nostra. Gli Sfraga, commerciando i loro prodotti su tutto il territorio nazionale e pertanto anche verso mercati non controllati dai casalesi, potevano utilizzare su quelle tratte e senza problemi il loro vettore. Quanto ai trasporti su gomma da e verso il mercato di Fondi, sottoposto all’egemonia monopolistico-camorrista della Paganese, era la stessa ampiezza del traffico siciliano su quella tratta a legittimare il ricorso alla Autofrigo oltre che alla ditta del Pagano e alle altre controllate”.

Ma l’arresto di Gagliano apre soprattutto inediti scenari investigativi: la sua presenza in strada al fianco dei Forconi potrebbe essere un ulteriore indizio a sostegno dell’ipotesi che mafia e camorra fossero d’accordo non solo sulla spartizione di tratte e mercati italiani, ma anche sui modi e sui tempi della protesta che nei giorni scorsi ha paralizzato il sud Italia. L’obiettivo? Controllare la protesta, guidarla e, poi, sedersi al tavolo delle trattative con il Governo e dettare nuove condizioni. Non certo direttamente, ma attraverso prestanomi con faccia e fedina pulite.

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