Era il febbraio del 2000, e Jovanotti era stato invitato come ospite alla seconda serata di Sanremo. Il cantante si esibì in un rap intitolato Cancella il debito, in compagnia del brasiliano Carliños Brown. Il testo della canzone inneggiava alla cancellazione del debito estero dei paesi del “sud del mondo”, “soffocati dal divario accumulato verso i governi ricchi del mondo cosiddetto industrializzato”. Due giorni dopo, Jovanotti fu perfino ricevuto dal premier D’Alema, insieme a Bono Vox degli U2, per discutere dei problemi evocati nella canzone.

Sembrerebbe un secolo fa. Adesso la situazione appare completamente ribaltata. La grande maggioranza dei paesi del “sud del mondo” crescono rapidamente, vedono il formarsi di una classe media che può aspirare a consumi “occidentali”, hanno accumulato grossi stock di riserve valutarie. Il loro debito pubblico è relativamente basso. Il Brasile, con buona pace di Carliños Brown, che cantava con Jovanotti, è fra i paesi più dinamici e virtuosi. In contrasto, i paesi “del mondo cosiddetto industrializzato” soffrono di una crescita stagnante, di un impoverimento della classe media, e di un ampliarsi della disuguaglianza dei redditi. Sono oberati da debiti pubblici che appaiono insostenibili.

I semi della situazione attuale erano stati posti già lungo tempo prima della canzone di Jovanotti del 2000. Solo che chi poteva capire aveva interesse a tacere. E l’opinione pubblica non aveva gli elementi per formarsi un’opinione corretta. Già negli anni Ottanta s’intravedeva il processo di globalizzazione dell’economia. Le produzioni industriali iniziavano a trasferirsi dai paesi sviluppati ai paesi emergenti, attratte da costi del lavoro più convenienti. In seguito, i paesi emergenti inondarono il mercato con prodotti a prezzi bassi. Le spinte inflazionistiche vennero meno, e questo consentì alle banche centrali, in particolare quella americana, di porre in essere politiche monetarie troppo accomodanti. Il risultato fu una serie di “bolle”, come quella dei titoli azionari tecnologici, che nel 2000, quando Jovanotti cantava, era al suo picco.

E poi le bolle immobiliari, i mutui sub-prime, l’accumulazione eccessiva di debito. Complice la finanza irresponsabile e non regolata appropriatamente. Fenomeni di questo tipo sono stati presenti anche in Europa, favoriti dall’unione monetaria, un’operazione insensata che ora costringe i paesi in una camicia di forza economica e sociale.

Come allora, ora è difficile per la gente interpretare fenomeni economici complessi. In particolare la crisi dell’Euro-zona. La soluzione “austerità fiscale” viene venduta da politici ed economisti come una necessità assoluta. Mentre è una ricetta per il disastro. Non solo provoca l’avvitamento dell’economia in una spirale depressiva. Ma non migliora nemmeno i deficit pubblici. Il caso della Grecia è una chiara dimostrazione di questo, e nessuno sembra volerne tenerne conto.

La gente sente che c’è qualcosa che non va, che una grande precarietà pesa sul proprio futuro, e ha giustamente paura. E quando la gente ha paura si rivolge alle forze politiche che propongono qualche soluzione forte, qualche prospettiva per il futuro. Anche se sono forze populiste, ultra-nazionaliste o xenofobe. Marie Le Pen, leader del Fronte Nazionale, il partito della destra estrema francese, ha quasi raggiunto i leader maggiori nei sondaggi relativi alle elezioni presidenziali che si terranno fra aprile e maggio. E’ una tendenza in atto in tutti i paesi dell’Euro-zona.

Un appello a Jovannotti e Bono Vox: si occupino della situazione europea, come si erano occupati dei paesi del sud del modo dieci anni fa. Non penso che una nuova canzone dal titolo Cancella il debito dell’Eurozona sarebbe appropriata. Ma un rap dal titolo No all’austerità fiscale penso di sì.

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