Sono rimasta molto colpita quando, qualche settimana prima di Natale, Lucio Magri, ha deciso di porre termine alla sua vita. Ho poi letto la lettera scritta da Giancarla Codrignani, e ho trovato un filo da cui ripartire:

Lucio e il volo
di Giancarla Codrignani

Come siamo piccoli davanti alla grande incognita! Quando muore un amico, tanto più se di morte “diversa”, parliamo soprattutto di noi. Ed è giusto, perché l’altro è ormai “fuori” e i discorsi diventano commemorazioni e, poi, storia.

Continueremo per un po’ a parlare delle depressioni, discuteremo forse a lungo di eutanasia, e anche di libertà, di amore, perfino di dipendenza coniugale. Non diciamo anche che cosa succede se uno ha sempre creduto a cose grandi che non si realizzeranno e non suppone che l’intelligenza non sia la bacchetta magica che realizza i tempi. Lucio Magri era un uomo di fede. Laica, laicissima; ma l’essere stato democristiano presuppone la precedente esperienza cattolica: la fede è pericolosa, soprattutto quando un dio viene sostituito da un’idea – oggi solo aristocraticamente esigente – di salvezza umana.  Se un Papa avesse una fede così e volesse chiamare cristiano “questo” mondo, si suiciderebbe: mai visti anni così avvilenti in cui il mercato ha mercificato tutto, anche i corpi, ormai in vendita aperta perfino in Parlamento. Viviamo male. Soprattutto uno che credeva che toccasse alla sua generazione vincere, come Pisacane a Sapri.

Lucio sapeva che dirsi “comunista” in senso proprio e non traslato oggi è perfino una civetteria; tuttavia se fossero state in circolazione nuove proposte trascinanti lui, che della politica aveva accettato le altrui mediazioni almeno per combatterle, non si sarebbe negato la partecipazione e la polemica. Ma oggi nessuno sa come venir fuori da crisi e ignoranze, nessuno ridà smalto a una politica infangata che trascina nel fango anche chi vuole uscirne, e nessuno ignora la persistente sconfitta della sinistra, qualunque idea, gruppo o persona  la rappresenti. Théroigne de Méricourt, quando la macchina del Terrore soffocò le speranze della rivoluzione francese, impazzì: anche lei aveva esaurito la speranza, che non a caso è la più difficile delle virtù teologali. Forse, a un certo punto, neppure l’amore può più salvare: l’uomo che, a suo modo, ha amato (“sono cinquantotto anni che viviamo insieme e ti amo più che mai”) e che pure non è  stato fedele, non ha trovato riparo nei figli, nei nipoti, negli amici, perché ha investito il tempo di vita in ideali che sembravano a portata di mano ed erano il deserto. Non c’è più la speranza e neppure la disperazione. Il “sarto di Ulm” credeva di poter volare e si è sfracellato. Lucio sapeva lucidamente che non si vola. Ma aveva volato, senza sapere di non avere le ali.

Per chi continua, senza ali, con i piedi per terra, a fare politica, cioè alimenta per sé e per altri la speranza, il sentimento del limite umano incomincia a far male dentro….

Dice Codrignani: “Se fossero state in circolazione nuove proposte  trascinanti lui, che della politica aveva accettato le altrui mediazioni almeno per combatterle, non si sarebbe negato la partecipazione e la polemica”… o da qui si può ripartire, mi chiedo, riconoscendo ad alta voce, senza reticenze, che senza speranza si può morire? Di molte morti, non solo quella apparente e fisica.

Morire è leggere gli articoli che giornalmente ribadiscono che un giovane su tre è senza lavoro e non sta studiando, in pratica non esiste. Articoli che ne danno notizia, asettica, da sala operatoria. Qual’è l’obbiettivo di questa informazione? Ormai lo sappiamo, non serve ricordarcelo. E non ci si chieda più perchè i giornali non vendono, chi ha voglia – e voi l’avete? – di leggere ogni giorno che inutile pare vivere, se vivere è, come io credo, fortemente sperare e lavorare per un futuro migliore?

E invece aumentano i lettori di alcuni quotidiani online dite? Sappiamo però che una moltitudine di quei ragazzi e ragazze che non facciamo esistere si annullano cliccando fino allo stordimento sulle notizie della sidebar a destra degli articoli, notizie che paiono star lì per far cadere in un oblio di deficienza, di stordimento: “La donna che bacia il coccodrillo, guarda qui Kyle dopo l’operazione, alle Hawaii il pesce con 5 pinne!, il nuovo video che fa impazzire i koreani”.

“Se ci fossero state in circolazione nuove proposte trascinanti” dice Codrignani, se ci fossero state in giro nuove proposte trascinanti… sarebbe ancora vivo? Vivo per combattere, vivo ad appoggiarle, vivo? E noi, se ci fossero in giro proposte trascinanti saremmo in piazza a stare insieme invece che rinc… davanti al computer?

Quest’epoca si distingue particolarmente per la pochezza della sua gioventù, dicono: “Perchè non si ribellano? Perchè sono così remissivi?” Di quelli che si ribellano e che incontro posso testimoniare che hanno una tempra che noi ce la sogniamo. Sono pochi, pochissimi e sono eroici. Restare vivi oggi significa farcela contro una società che ammazza ogni speranza, ma ancor più, e noi – ammettetelo – questo nemico non ce l’avevamo o almeno non così armato, contro il liberismo più potente, quello che ti fa far la coda davanti al centro commerciale per avere un iPhone da 800 euro prima degli altri. Un iPhone che a 16-18 anni non ti serve a nulla, se non a fare giochini idioti. Ma quel desiderio ti ottenebra tutti gli altri e ti pare veramente che con quel nuovo gadget la vita sarà migliore. Chi resiste è eroico. Ma sono per forza pochi.

E dunque, insisto e ripeto fino allo sfinimento, è dalla scuola che può partire il cambiamento. A questo governo tecnico vorrei dire che lo sappiamo che hanno mille problemi contingenti gravissimi da risolvere, che capisco. Ma che la riforma della scuola è un tema di primaria importanza e che va trattato con la stessa urgenza dei temi più impellenti. E che se è necessario andare all’estero per suicidarsi fisicamente e in modo assistito, ricordo che ci sono suicidi di massa che ci ostiniamo a non vedere e che sono quelli che investono la voglia di vivere, la volontà di andare avanti. Sbrighiamoci. In altro modo ci troveremo ad avere salvato l’Europa, forse, ma a non avere più una generazione a cui affidarla.

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