“La musica è una sola, quella buona, che si distingue da quella cattiva”. Stefano Bollani, classe 1972, la musica la vive così, senza distinzioni di genere perché “jazz, rock e tutto il resto sono generi che abbiamo inventato noi per poter parlare di musica, però la musica è una sola”. In questo modo Bollani, tante idee e un talento puro, pianista e compositore jazz, si prepara a far assaporare al  mondo bolognese la fusione tra l’universo della musica jazz e quello della musica classica.

Lunedì 16 gennaio alle 20, sarà unico protagonista nel concerto di pianoforte, primo appuntamento dei concerti di Musica Insieme,  al teatro auditorium Manzoni, per una serata che vede già il tutto esaurito. Sul repertorio che proporrà il pianista, top secret: Ravel, Prokof’ev con ogni probabilità, tutto comunque all’insegna dell’improvvisazione e come precisa lo stesso Bollani “suono quello che mi viene in mente, perché il bello è proprio poter improvvisare, entrare e uscire da un brano, e se un brano mi annoia lo chiudo prima, così un pezzo può durare tre minuti e un altro quindici”. E prima dell’improvvisazione “l’importante è pensare ad altro così quando arrivi sul palco vivi il presente e sei completamente concentrato”.

Così tra le note di un brano e l’altro, Bollani cercherà di smontare e rimontare le note come faceva Queneau con le parole, simile a quanto espresso all’interno del libro La sindrome di Brontolo, pubblicato dal compositore nel 2006, un testo “con una struttura ferrea, utile per poter scrivere proprio quello che accade quando uno suona jazz: prende una struttura che il pubblico perlopiù non avverte e ci improvvisa dentro”. Ma qual’ è il reale segreto per comporre un brano originale, unico, che non abbia il sapore di un pezzo già gustato? “Io cerco di soffermarmi molto – precisa il pianista – sulle composizioni che non mi piacciono perché è un modo per decidere cosa non fare, e così mi rimangono aperte le possibilità su cosa fare. Se invece ascoltassi quelle che mi piacciono è finita, perché poi si tende all’emulazione, e ovviamente non sarei mai al livello dell’originale”.

Bollani, oltre ad essere un compositore e un musicista poliedrico dallo stile inconfondibilmente eclettico, vincitore nel 1998 del premio della rivista Musica Jazz come miglior nuovo talento, si distingue per le sue doti di showman, apprezzate durante la recente trasmissione televisiva Sostiene Bollani, dove, nelle vesti di presentatore,  insieme a Caterina Guzzanti, ha dato ampio spazio alla musica, non solo tramite le note ma anche attraverso le parole. Proprio seguendo la scia di questo intento, il pianista suona anche sapendo far ridere, come testimonia il programma radiofonico in cui prende parte, Dottor Djembè con i colleghi Riondino e Marcorè, che riprenderà dal 28 gennaio, il sabato e la domenica alle 13.

Pianista nell’anima e nel cuore, Bollani suona il jazz improvvisando. Ma non solo. Si cimenta anche in concerti di Gershwin e Ravel con l’orchestra di Lipsia diretta da Chailly. Quest’ultimo progetto, con l’incisione del concerto in sol di Ravel,  nasce da una proposta del direttore di orchestra  Chailly “ perché Ravel viveva in un’epoca in cui il jazz stava nascendo, ne sentiva il profumo e il sapore, lo usava insieme a tante altre spezie”. Un amore totale quello di Stefano Bollani per un compositore e pianista francese “in cui c’è tutto, c’è la Francia, ma ci sono anche le sue origini basche, la sapienza dei cembalisti francesi e l’amore per la musica antica”.

Tra gli ultimi lavori del compositore, ‘I Visionari’ del 2005, in formazione di quintetto,Piano Solo’ del 2006, ‘The Third Man’ del 2007 con il trombettista Rava, e l’ultimo ‘BollaniCarioca’ sempre del 2007, in cui il pianista, con altri musicisti,  ha rivisitato brani della tradizione brasiliana. Tutti lavori che si contraddistinguono per quello spirito originale che contraddistingue Bollani e lo porta a ricercare sempre “un’improvvisazione con qualche regola perché sennò senza alcuna rete, oltre ad essere più difficile, rischia di risultare meno interessante. Mi piacciono quelle cose, anche in letteratura, dove il risultato sembra senza rete e invece c’è. Ma mi piacciono anche, all’opposto, quegli assoli che sembrano scritti e invece sono stati inventati sul momento. L’importante alla fine è sempre il risultato”.

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