E ora? Per mesi a Parigi si è temuto il declassamento di Standard & Poor’s. “Se perdiamo la tripla A, sono fritto”, disse Nicolas Sarkozy a un consigliere, preoccupato in vista delle presidenziali della primavera 2012. Poi lentamente, come ha titolato Le Monde in dicembre, si è passati “dal catastrofismo alla rassegnazione”. E, come ha ricordato stamani a Les Echos Frédéric Oudéa, l’influente amministaratore delegato della banca Société Générale, “il downgrading è stato metabolizzato dal mercato”.

Già l’estate scorsa, al di là dei “votini” di quelli di New York, era chiaro a tutti, proprio a tutti che la tripla A, il massimo della credibilità finanziaria, non poteva corrispondere al debito sovrano di Parigi. A un Paese per il quale si stima un deficit pubblico (i dati definitivi non ci sono ancora) al 5,7% del Pil a fine 2011. Una performance incomparabile (in negativo) a quella della Germania, ma pure dell’Italia. E lasciamo stare tutta una serie di parametri, che indicano da tempo il deterioramento dell’economia reale d’Oltralpe, entrata in recessione nell’ultimo trimestre del 2011.

Una tripla A, insomma, già virtualmente perduta. E poi, da quando le voci di una bocciatura avevano cominciato a schizzare da una piazza finanziaria all’altra, ormai da mesi, i tassi sugli Oat, i titoli di Stato francesi, erano già lievitati, così da superare la soglia del 3%, per gli Oat decennali. Anche lo spread con la Germania ha iniziato a salire, arrivando a toccare addirittura i 200 punti base. Insomma, un déjà vu, come per l’Italia, una strada già percorsa. Per questo i mercati avrebbero già “metabolizzato” la bocciatura da parte di Standard. E le prime reazioni sembrano indicare che le cose stiano andando proprio così. Lo spread è salito, ma nel tardo pomeriggio oscillava intorno “solo” ai 130 punti base. E i tassi degli Oat decennali sono saliti per il momento di poco, al 3,1%, mentre nei mesi scorsi avevano sfiorato il 3,8 per cento. Questo, ovviamente, al di là dei rating, non significa una negazione dei problemi economici della Francia contemporanea. Seri, comunque.

La prossima settimana sarà interessante vedere i riflessi sui rating dei grandi gruppi francesi, come quello energetico (e delle centrali nucleari) Edf. O la traballante compagnia aerea Air France. Forse, però, come per i bond, anche in questi casi gli investitori allergici ai rischi hanno già fatto le valigie, vendendo da tempo. E negli Usa, dopo la perdita della tripla A, lo scorso agosto, questi effetti a catena di pedite dei rating da parte dei privati non c’erano stati. Ma la Francia, a dire il vero, non è gli Stati Uniti.

Articolo Precedente

Il panettiere di Cortina

next
Articolo Successivo

I taxi vanno liberalizzati. Ma tutelando i lavoratori

next