Ore 6.53 del 12 gennaio 2011. In viale Calasso arriva il filobus. È la sua prima corsa ufficiale. Nonostante l’inaugurazione con la stampa sia fissata tre ore più tardi, a bordo c’è già Gianni Peyla, il presidente di Sgm, la società partecipata dal Comune che si occupa del trasporto pubblico. Emozionato? “No, sono arrabbiato, abbiamo un ritardo di cinque minuti”. Ma, presidente, cosa vuole che siano dopo un’attesa di 1707 giorni? “Sono teso, che ci vuoi fare. Se non faccio un primo giro, non sarò tranquillo”. Poi si mette a suo agio. “Dai, andiamo, offro il caffè a tutti, oggi è festa”. Il filobus elettrico parte, per il momento solo sulla linea 3 intorno al centro storico e gratis per i primi tre mesi. Ma la verità è che c’è ben poco da festeggiare. Non c’è, infatti, solo un ritardo di quattro anni e mezzo sulla tabella di marcia. Ci sono i problemi legati alla gestione, tanto gravi da poter portare al tracollo della casse del comune, visto che la filovia non risulta tra i mezzi per cui è prevista dalla Regione Puglia una tariffa minima di rimborso per chilometro. A pesare come un macigno, però, sulla messa in esercizio della più costosa opera pubblica della città (23 milioni di euro) c’è, soprattutto, l’inchiesta giudiziaria in corso, lo scandalo tangenti e intrecci affaristici-massonici. Una bufera che il 13 dicembre ha portato in carcere Massimo Buonerba, già consulente giuridico dell’ex sindaco Adriana Poli Bortone, senatrice, fondatrice di Io Sud, storico esponente di spicco di Alleanza Nazionale.

È solo di tre giorni fa l’ordinanza del Tribunale del Riesame che ha negato i domiciliari a Buonerba, perché “il pericolo di reiterazione delle condotte criminose resta attuale e concreto”. È accusato di corruzione, capo d’imputazione “riqualificato” rispetto all’ipotesi iniziale di concussione vagliata dalla Procura di Lecce. L’ex consulente, nominato con atto monocratico dall’allora primo cittadino, secondo i magistrati, è la mente di una lobby tanto capillare da essere in grado di pilotare appalti pubblici, tra cui quello da 23 milioni di euro tondi tondi del filobus. Di più: l’ordinanza d’arresto gli dà il ruolo di capo di un’organizzazione tanto rodata da saper riciclare all’estero denaro proveniente da fondi neri. Sotto sequestro, per il momento, ci sono i suoi conti correnti svizzeri, di cui uno dal nome eloquente di “Boiachimolla”, per un ammontare complessivo di 2.800.000 euro, sui quali ha acceso un faro anche la magistratura elvetica. Una parte di quei depositi bancari, secondo il gip Antonia Martalò, è “profitto di attività illecite riconducibili alle operazioni” filobus e via Brenta, l’altro scandalo legato alla costruzione dei palazzi della giustizia civile.

Attività illecite che, per gli investigatori, significano tangenti, quelle che Buonerba, sempre stando alle carte dell’indagine, ha intascato da Giordano Franceschini, docente dell’ateneo perugino e progettista della filovia leccese. Secondo le indagini della procura, le mazzette ammontano a 659mila euro, “somme versate fino all’estate del 2009, su sollecitazione di Buonerba”, per soddisfare suoi interessi personali, come l’esigenza di rifare i bagni di casa, ma anche per “spese connesse alla partecipazione elettorale del gruppo di An, di cui lo stesso Buonerba faceva parte”.

Questo ha detto Franceschini durante gli interrogatori del 24 e 26 novembre. Dichiarazioni così forti da poter far tremare i vertici del vecchio partito di Gianfranco Fini, in cui l’ex consulente della Poli Bortone rivestiva un ruolo di primo piano anche nella capitale. Lo ricorda l’ordinanza di custodia cautelare. Era stato nominato componente del comitato Via direttamente dall’allora ministro dell’ambiente Altero Matteoli. Ma anche il docente perugino doveva essere vicino a quel partito, visto che avrebbe riferito di incontri e affari romani con un altro esponente, un alto dirigente di An, l’europarlamentare Franz Turchi.

A complicare il quadro c’è l’ombra della massoneria. L’intero affare filobus è ritenuto, infatti, un’operazione dalla chiara “matrice di stampo massonico”.

È all’interno di quell’ambiente che per i magistrati sono maturati i rapporti tra Buonerba e Franceschini, figlio naturale di un massone d’alto rango, Raffaele Balli, legato al primo da un rapporto di profondo affetto e stima. È in quello stesso contesto che, stando alle carte dell’inchiesta, si sono irrobustiti, poi, anche i contatti con Giorgio Zoboli, trait d’union tra il consulente leccese e i Ferrari, coloro che, stando all’accusa, si sono occupati di far transitare le tangenti sui conti bancari di Lugano.

Legami forti e controversi, su cui il Tribunale del Riesame ha spostato decisamente l’attenzione, dal momento che “l’appartenenza di Buonerba alla massoneria- o meglio ai settori deviati della stessa- e le strette colleganze, che tali settori deviati sono in grado di mantenere nei gangli della pubblica amministrazione, lo rendono capace ancora oggi di interferire illecitamente nella gestione degli appalti pubblici, eventualmente con il concorso, più o meno consapevole, di altri pubblici ufficiali ancora in carica”.

Che l’inchiesta si allargherà a macchia d’olio, a questo punto, è dato per scontato. Sebbene nessun amministratore presente e passato risulti, per il momento, nel registro degli indagati, Lecce è inchiodata a quel “complesso sistema di intrecci affaristici che vede coinvolti diversi personaggi”, come scrivono i giudici.

Per questo dal filobus tutti prendono le distanze, anche oggi che dovrebbe essere il suo giorno di gloria. A tenerlo a battesimo, per la strade della città, non c’è stato in mattinata alcun esponente politico della giunta di Paolo Perrone, che quando i lavori sono partiti, sei anni fa, della Poli Bortone era il vicesindaco.

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