Marceranno tutti insieme lunedì 16 gennaio al Circo Massimo a Roma per una grande assemblea nazionale dei tassisti fuori-turno. Per quella data una loro delegazione andrà all’Antitrust e inoltre potrebbe decidere di chiedere ai sindaci, città per città, di liberare tutti i turni di servizio dei taxi: deregolamentare gli orari così i cittadini per far capire ai cittadini i danni che possono arrivare dalla liberalizzazione di Monti. Poi il 23 gennaio ci sarà un grande fermo nazionale di tutti i mezzi. Se poi l’esecutivo Monti agirà unilateralmente ci saranno ulteriori proteste.

Queste le decisioni di quella che doveva essere una piccola riunione dei soli rappresentanti di categoria quella di stamattina, ma che è diventata un vero raduno di auto bianche. Lo chiamano il “parlamentino dei tassisti”. Oggi invece a Bologna erano almeno in 150, forse di più, arrivati da ogni parte d’Italia, dalla Sicilia al Veneto, da Roma a Milano. Sono arrivati a urlare la loro rabbia contro il governo di Mario Monti, che con l’idea delle cosiddette liberalizzazioni, che gli uomini al volante preferiscono chiamare de-regolamentazioni.

Rabbia e paura: alcuni hanno le lacrime agli occhi. I più giovani, che appena pochi anni fa hanno messo debiti e fatto mutui per comprarsi la licenza, sono quelli più scoraggiati. “Lo avessi saputo che si arrivava alla liberalizzazione, non avrei preso la licenza a mio rischio e pericolo”, racconta un tassista di Milano, 27 anni.

Rabbia contro Monti, ma anche contro i propri rappresentanti. 19 sigle quelle di categoria ognuno con qualche distinguo, normale che ci siano ttensioni e qualcuno urli, uscendo dalla sala: “Così diovisi ci schiacciano”. Dentro la sala riunioni della Legacoop bolognese, stipata all’inverosimile qualcuno si alza a riunione appena iniziata: “Ci avete rappresentato in un modo sbagliato finora. C’è stata scarsità di comunicazione da parte vostra – urla ai segretari un tassista romano – Io sono pronto a scendere in piazza e a manifestare tutto il nostro dissenso contro questo governo che ci sta sfondando il cranio”. E giù applausi.

La rabbia dei tassisti ha avuto tra i suoi obiettivi anche la stampa. Dopo pochi minuti i numerosi cronisti sono stati invitati, neanche troppo gentilmente, ad abbandonare la sala. Nelle ore successive della riunione durata fino all’ora di pranzo, diversi sono stati i momenti di tensione con i giornalisti che attendevano fuori, accusati da molti dei presenti all’assemblea di aver dipinto quella delle auto bianche come una casta. “Quella delle liberalizzazioni è una campagna di distrazione di massa – spiega Claudio Giudici, il tassista toscano che nei giorni scorsi è riuscito a pubblicare una sua lettera aperta al Financial Times – è una frode che potrebbe portare l’Italia a passare da una democrazia a una oligarchia”.

I tassisti, che fino al pomeriggio hanno atteso a Bologna le decisioni dei propri rappresentanti per le mosse future, pensano infatti che dietro la storia delle liberalizzazioni si prepari solo la scalata dei grandi gruppi industriali italiani, che con pochissimo sforzo potrebbero cumulare centinaia di licenze. “A quel punto non è detto che caleranno i prezzi, perché sarà una oligarchia e i piccoli saranno schiacciati”. Del resto, in paesi come Irlanda e Olanda, tra i pochi in Europa dove il servizio è stato deregolamentato, ad aumentare non sono stati solo i prezzi, ma anche i suicidi dei propri colleghi.

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