Alle parole, per una volta almeno, ha fatto seguito un fatto. Dopo i ripetuti richiami al rigore, alla trasparenza e al rispetto della legalità, in esibita doscontinuità con il suo predecessore, Mario Monti ha accolto come una liberazione, avendole verosimilmente sollecitate, le dimissioni del sottosegretario alla presidenza con delega all’Editoria Carlo Malinconico.

In una nota ufficiale la presidenza del Consiglio ha manifestato “apprezzamento per il senso di responsibilità” nei confronti di quello che correttamente solo Antonio Di Pietro e Massimo Donadi hanno definito “un atto dovuto”, arrivato dopo alcuni giorni di estrema resistenza “all’attacco mediatico” e “alle forzature giornalistiche”, ma almeno senza messinscene da avanspettacolo di Scajolana memoria.

Carlo Malinconico, già segretario generale alla presidenza con Romano Prodi, già presidente della Fieg, già avvocato del futuro collega ministro Filippo Patroni Griffi nella trattativa contro lo Stato per fargli avere la casa con vista sul Colosseo a 1.630 euro al metro quadro (invece degli 8.550 scuciti dall’inconsapevole Sajola) è un esemplare di personalità molto bipatisan e politicamente very trendy dal curriculum “lungo una quaresima“, come ha dimostrato Gian Antonio Stella.

E’ un personaggio multiforme che si è prodotto nelle imprese più disparate e temerarie come per esempio la consulenza in favore della nomina di un genio della tv come Alfredo Meocci alla direzione generale Rai, carica rivelatasi puntualmente incompatibile e costata ai consiglieri proni a Berlusconi una multa milionaria da parte dell’Agcom.

Uno che finché ha potuto non si è lasciato tanto impressionare dalle dichiarazioni del “pentito” della Cricca, Francesco Piscicelli che ha confermato come Malinconico fosse ben a conoscenza del nome del suo benefattore e pure del perché delle principesche vacanze regalate. E d’altronde nelle telefonate intercettate tra Piscicelli e l’albergatore, l’ imprenditore parla di lui come “uno che fa parte dei giochi” di cui tira le fila Mario Balducci, perno della Cricca e “discreto” elargitore di sontuosi benefici.

E l’ormai ex-sottosegretario non si è nemmeno imbarazzato per quei tentativi un po’ tardivi e alquanto parziali di saldare il debito, intervenuti a suo dire così fuori tempo perché impossibilitato sia a pagare che a conoscere l’ identità del pagatore-ombra, a causa dalla ferrea legge sulla privacy. Insomma un vero campione di disinvoltura e di resistenza all’evidenza dei fatti anche se con uno stile un po’ più defilato dei suoi insuperabili predecessori dell’era berlusconiana.

Personaggi con curricula “lunghi come la quaresima e contatti a 360° ” che vanno da Gianni Letta a Francesco De Vito Piscicelli, sarebbe stato meglio lasciarli ai loro più o meno gloriosi trascorsi. La navigazione di lungo corso, senza interruzione e su tutti i fronti nella palude della cosiddetta transizione tra prima e seconda repubblica, dovrebbe essere per qualsiasi persona onesta ed assennata motivo più di seria perplessità che di fiducia o stima.

Tanto più per un presidente del Consiglio consapevole di dover affrontare una vera “emergenza morale” che impone non solo una lotta serrata alla corruzione ed alla evasione, ma anche agli stili di vita “collegati” soprattutto se vengono da rappresentanti delle istituzioni ai massimi livelli.

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