Quello che rimane di gran lunga il miglior presidente della Repubblica che l’Italia abbia avuto, Sandro Pertini, dichiarò una volta che era necessario svuotare gli arsenali per riempire i granai. Ed ebbe il coraggio di dirlo in un momento nel quale poteva ancora sembrare che avesse ancora un senso riempire gli arsenali, dato che si era in piena corsa agli armamenti fra i blocchi contrapposti, occidentale e sovietico. Molta acqua è passata sotto i ponti e molti presidenti anche. Nessuno dei quali all’altezza di Sandro, che era stato comandante partigiano e quindi la guerra la conosceva in prima persona.

Con la fine del blocco sovietico ci fu un’occasione storica per la pace mondiale. Ma la Nato non si sciolse. Anzi, cominciò a fare le guerre e teorizzò apertamente la necessità di farle per varie ragioni, una delle quali, la più vera, era quella di difendere il “modo di vita occidentale”, cioè l’ingiustizia planetaria nella distribuzione del reddito. Si sente oggi la mancanza di una rivista come Giano. Pace, ambiente, problemi globali, diretta da uno studioso militante di grande intelligenza e coerenza come Luigi Cortesi, che ebbi modo di commemorare due anni fa circa. Giano ebbe fra le altre cose il merito di contribuire all’analisi dell’imperialismo e del militarismo svelandone i legami con il sistema capitalistico attuale. Si tratta di un’analisi di estrema attualità. Una delle possibili vie d’uscita alla crisi in corso è proprio quella di una nuova guerra.  Tutto lascia pensare che il 2012 non passerà senza un nuovo scoppio di violenza bellica.

Israele, spiazzata dalla svolta politica di Hamas,che è stata rafforzata dall’ascesa al potere di leadership islamiche in Tunisia ed Egitto e si accinge a lasciar cadere le sue vecchie pregiudiziali, si prepara a una nuova guerra devastante contro la popolazione di Gaza. E d’altra parte il governo di Tel Aviv continua  a perseguire l’opzione della guerra contro l’Iran, anche se non mancano voci dissenzienti all’interno dell’establishment israeliano. Tutto questo ovviamente con l’avallo del premio Nobel per la pace Barack Obama, ostaggio a sua volta delle sempreverdi lobby militariste statunitensi. Del resto, bisogna capire come il potere statunitense, decadente nel settore economico e quello finanziario, oggi più che mai sulle armi, per le quali gli Stati Uniti spendono più del resto del mondo messo insieme. E’ invece proprio in un momento di crisi come l’attuale che ha più senso rilanciare un forte appello perla pace e la disarmo. Basterebbe pensare al fatto che le spese militari previste coincidono proprio con il buco di bilancio per colmare il quale siamo chiamati a sacrifici senza precedenti. E invece si continuano a gettare miliardi di euro al vento per armamenti inutili come gli F-35.

Bisognerebbe chiedere al presidente Napolitano che cosa pensi di fare per rispettare l’art. 11 della Costituzione e perché non si pensi al ritiro immediato del contingente italiano in Afghanistan, impegnato in una guerra di occupazione. Le cosiddette rivoluzioni arabe hanno offerto un’occasione senza precedenti per ripensare un assetto pacifico della regione mediterranea e medio-orientale. Forse siamo ancora in tempo a non sprecare del tutto questa storica occasione. Ci vorrebbe però un nuovo e propositivo ruolo dell’Italia e dell’Europa, entrambe però guidate da una classe dirigente assolutamente non all’altezza delle sfide storiche del momento.

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