Sabrina e Gianluca sono due portaborse. Colleghi, legati oltre che “dall’appartenenza politica” come assistenti parlamentari di due deputati del Pd, anche da quella coniugale. Genitori di una figlia piccola di poco più un anno. Entrambi, però, con lo spettro del licenziamento come collaboratori dei deputati. “Il mio deputato mi ha già detto – dichiara Gianluca a ilfattoquotidiano.it – che se dovesse passare la norma che impone a Camera e Senato di contrattualizzare i collaboratori parlamentari, lui dovrebbe tagliarmi perché le Camere sarebbero obbligate a pescare tra una rosa di nomi, secondo quanto lui sostiene, che non coinciderebbe con quella dei collaboratori personali dei parlamentari, così come avviene in altri paesi. Insomma – spiega – rientrare in quella rosa di nomi sarà come vincere un concorso pubblico”. Paghe basse per i due portaborse, mille euro nette in busta paga per lei, 500 euro appena per lui per un part time che è tale dall’inizio della legislatura, “pur essendo – racconta – l’unico portaborse del deputato”. Soldi quelli della coppia che servono appena a pagare l’affitto e le bollette di un appartamento in una zona semicentrale di Roma.

A giorni il collegio dei questori delle due camere del Parlamento dovrebbe portare agli uffici di presidenza di Camera e Senato un documento che prevede il taglio agli stipendi dei parlamentari della voce portaborse. Personale legato a 630 deputati e 315 senatori. Fino adesso pagati con i soldi che gli onorevoli avevano come indennità di spese di segreteria in busta paga. 4.100 euro per i senatori e 3.690 euro per i deputati. Eppure, secondo il coordinamento degli assistenti parlamentari, sono solo 230 i portaborse regolarizzati su 630. Gli altri 400 sono ancora in nero.

Del resto, i circa 4mila euro di indennità di segreteria vengono erogati da Camera e Senato indipendentemente dalla rendicontazione della spesa che il parlamentare ne fa. Le ipotesi ora allo studio delle due presidenze sono la gestione diretta del Parlamento oppure la conferma del budget per i deputati, a patto, però, che ogni parlamentare dimostri dettagliatamente le spese sostenute. Pena, sulla scia del modello francese, la restituzione del denaro allo Stato.

Sabrina ci dà anche le cifre dei portaborse: “Il massimo può essere duemila euro netti al mese, ma i casi sono rarissimi, in realtà oscillano tra i 500 e i 1000 euro al massimo. E questo – precisa – è un lavoro che significa quasi sempre: fatica, responsabilità, precarietà, ore di lavoro infinite e vita privata limitata, con una dignità professionale che è inesistente, anche per due laureati come siamo io e mio marito“.

A qualcuno va meglio. Lucrezia (il nome è di fantasia) oggi è regolarizzata, ma sempre a termine, con l’Idv e al fattoquotidiano.it racconta: “Ero con un altro deputato che oggi è nel Terzo Polo, 500 euro circa al mese, si lavorava comunque tante ore con la promessa o la speranza del contratto regolare che però non è mai arrivato”. La roulette si gioca infatti tra collaboratori in regola e quelli in nero. “Ci sono le caste anche tra di noi: chi in regola e chi no – spiega Sabrina – diversificati anche tra quello in regola, magari a Montecitorio, e quello in nero nel collegio elettorale del parlamentare, o viceversa. Tutti e due potrebbero essere messi in regola, anche a pochi soldi, oppure solo uno dei due ‘vince’ il contratto e spesso è umiliante confrontarsi tra colleghi dello stesso deputato su questo aspetto: ‘Io in nero, tu regolarizzato’ oppure chi può andare alla mensa e chi no, perché l’entrata a mensa a prezzi modici prevede la presentazione di un’autorizzazione scritta e se sei in nero non puoi richiederla”. “Molti parlamentari – continua Sabrina – con il proprio portaborse non regolarizzato, usano come scusa il fatto che devono pagare anche la segreteria sul proprio collegio elettorale, ma con questa legge elettorale il rapporto tra il deputato e gli elettori è oggi molto labile”.

Gianluca rivela in cosa consiste il suo lavoro: “La mia è una collaborazione che non prevede orari fissi, riguardo i discorsi, aggiorno il sito del deputato, preparo i dossier, riesco per fortuna a prendere altri 700 euro da un’altra collaborazione, altrimenti saremmo sotto i ponti”. Sabrina spiega: “Paradossalmente sono garantiti di più i collaboratori dei piccoli deputati. Conosco – dice – diversi colleghi che lavorano per deputati importanti, di grande visibilità e che sono in nero. Perché? Perché la vicinanza al deputato che ha più potere apre porte significative. Magari è il vagheggiamento di quasi tutti i portaborse, un posto garantito – conclude – in qualche ente, nel partito stesso oppure la candidatura al comune, in provincia o in Regione, trascinati dall’accostamento con il grande politico nazionale. Si vive, in sostanza, di luce riflessa“.

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